L’”Annunciata” è, sicuramente, insieme al “Trionfo della Morte” (l’affresco staccato di autore sconosciuto) il dipinto più famoso esposto presso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo; il capolavoro attribuito al “solennissimo depentore” Antonello da Messina, attribuzione fatta solamente nel 1907 e, da allora, condivisa da tutti gli studiosi . Nell’opera, Maria è sorpresa dalla comparsa dell’angelo che si trova davanti a lei e che non è riprodotto nel dipinto e la giovane alza la mano destra come a mettere una distanza tra lei e il messaggero di Dio.
La datazione dell’opera è il 1475 ma ne rimane sconosciuta l’origine. La prima citazione risale al 1866, quasi tre secoli dopo la sua realizzazione, quando il prelato e storico dell’arte Gioacchino Di Marzo scrisse di aver visto a Venezia un’opera uguale all’Annunciata, nella collezione di un certo monsignor Vincenzo Di Giovanni. A sua volta acquistata dalla nobile famiglia palermitana dei Colluzio, l’opera era allora attribuita ad Albrecht Dürer. Il dibattito su quale fosse l’esemplare originale andò avanti irrisolto fino al 1907. L’originalità dell’opera di Palazzo Abatellis e l’attribuzione ad Antonello da Messina vennero confermate da Enrico Brunelli nel 1907, che stabilì la precedenza dell’Annunciata di Palermo rispetto al dipinto di Venezia. L’opera è “sorella” dell’”Annunciata” (datata 1476-1477), sempre di Antonello, conservata presso il Museo Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.
Sappiamo altresì che Antonio di Giovanni de Antonio, conosciuto come Antonello da Messina, avrebbe trascorso alcuni anni della sua giovinezza ad Alcamo, in provincia di Trapani. Qui lo collocano infatti alcuni documenti (un contratto di garzonato in cui si impegnava a lavorare con il maestro conciatore di pelli Guglielmo Adragna d’Alcamo) del Quattrocento.
A questo punto subentra la “nostra” storia e, a farlo, è l’Ingegnere Domenico Ripa, studioso di “cose” mazaresi (a lui, tra l’altro, si deve una bella e completa guida turistica cittadina). Domenico Ripa ha avuto il merito di notare molte coincidenze con la vicenda del dipinto della “Madonna della Tosse” di Mazara del Vallo; e quando – queste – sono tante, è possibile che si sia vicini alla verità.
“La Madonna della Tosse – ci dice il Nostro – era una immagine abbastanza nota a Mazara del Vallo nel XVIII secolo, in quanto ritenuta prodigiosa. Le persone affette da catarro e i bambini colpiti dalla pertosse si recavano innanzi alla sua sacra immagine alle prime luci del giorno, per tre giorni consecutivi, recitavano le preghiere di rito e se ne tornavano a casa fiduciosi di avere ottenuto la guarigione. L’immagine della Madonna della Tosse si trovava un tempo nell’edicola, ancora esistente, situata sotto i portici del Seminario di Mazara del Vallo. L’edicola fu costruita dal vescovo Stella nel 1746 e in essa vi collocò la Madonna che dal 1710 si trovava all’ingresso del Seminario. Nei tempi ancora precedenti la Madonna della Tosse era posta in una piccola edicola nella Chiesa di San Pancrazio che era una chiesa bizantina, trasformata durante il periodo arabo in moschea e poi ritrasformata in chiesa cristiana. La Chiesa di San Pancrazio si trovava sotto il campanile della città. Per questo motivo la Madonna era, soprattutto, nota sotto il titolo Madonna delle Campane. Il 5 maggio del 1587 alle ore 5 e 40 circa del mattino il campanile crollò, la chiesa dovette essere demolita e le sacre immagini trasportate altrove. Per la sua prodigiosa reputazione la Madonna delle Campane o Madonna della Tosse era molto apprezzata dal popolo e dal clero. La sua protezione era presa in giusta considerazione dalla curia vescovile, tanto che il vescovo Papè nel 1777 decise di proteggere con un cancello l’edicola sotto il porticato. In quell’edicola la Madonna stette ancora per qualche tempo fino a quando non se ne seppe più nulla. Furono complici probabilmente i moti rivoluzionari del ‘48 e i successivi anni turbolenti che portarono un certo scompiglio in tutte le diocesi. Lo storico Alberto Rizzo Marino ebbe a dire che il quadro andò distrutto, raccogliendo la testimonianza del beneficiale Simone Santangelo, vecchio curiale, che però in proposito non seppe indicare alcuna fonte. Quindi, nonostante gli spostamenti del quadro nei diversi secoli precedenti furono così ben tracciati, non esiste alcun documento che ne attesti la perdita o la distruzione”.
Riguardo al nome dell’autore, l’interrogativo dovrebbe essere risolto. Pochi lustri addietro, infatti, ci dice Ripa, è stato ritrovato casualmente “un documento del XV secolo in cui un notaio mazarese, tra le sue ultime volontà affida ad Antonello da Messina la realizzazione di un dipinto. La breve frase che ci interessa, tradotta dal latino, è la seguente: “Inoltre desidera e comanda che sopra i suoi beni nella finestra sopra la porta della chiesa di San Brancatius, nel campanile della città di Mazara, debba dipingersi l’immagine della gloriosa Vergine Maria per la sua anima”.
“Il cerchio sembra chiudersi – continua Domenico –, San Brancatius è il nome medioevale di San Pancrazio, chiara è l’indicazione del campanile della città e della finestra poi divenuta edicola. La Madonna delle Campane o Madonna della Tosse è opera di Antonello da Messina. Già questo è un fatto straordinario. Ma ciò che appare ancora più straordinario è che questo fatto dovrebbe risolvere l’enigma relativo all’Annunciata di Palermo. Infatti, il culto popolare mazarese dimostra che la Madonna delle Campane è lo stesso dipinto che noi adesso conosciamo come l’Annunciata di Palermo che Monsignor Di Giovanni sicuramente vide quando insegnò al Seminario di Mazara del Vallo e che nello stesso periodo o in un periodo successivo lo affidò alla propria custodia, non sappiamo come e per quale motivo, forse probabilmente per salvaguardare il dipinto dall’incuria in cui era caduto. Inoltre, la identificazione dei due dipinti fuga qualsiasi dubbio circa l’attribuzione dell’Annunciata ad Antonello da Messina. L’antico culto popolare, infatti, “fotografa” l’immagine, o quantomeno suggerisce il particolare atteggiamento dell’Annunciata relativamente al cenno della mano destra della Beatissima Vergine. Infatti, il guaritore, nella comune iconologia, pone il palmo della mano sulla fronte dell’infermo e attraverso il gesto esplica il suo prodigio. Osservando l’Annunciata si può facilmente intuire come il gesto della mano destra della Madonna che tende a infrenare l’angelo annunciatore, possa essere stato scambiato dal popolo, pressato dai più immediati malanni, come il gesto della mano guaritrice”.
L’enigma di questa pagina di storia dell’arte sembra risolto, ma lo sarà davvero?
Agli storici dell’arte la manzoniana “ardua sentenza”!
Al di là di tutto questo, ci piace chiudere questo straordinario “racconto” dicendo che, sia che rimanga l’Annunciata o che diventerà la Madonna della Tosse, sicuramente rimarrà “un’immagine rivoluzionaria”, “sintesi prospettica di forma e colore”, perché il grande Antonello, in questa opera, ha saputo creare una straordinaria connessione tra l’osservatore e il dipinto; inserendo, con grande spirito innovativo, la Vergine in un contesto narrativo, come a voler effettuare un primo piano sul volto e sulle mani.
Giacomo Cuttone