I cani vanno caccia di fenicotteri anche nel Pantano Leone, in territorio di Campobello di Mazara. Da circa due anni, tre cani sciolti e incustoditi, tra cui un pastore tedesco, pericoloso anche per le persone, si avventano e allontano gli uccelli (sicuro richiamo turistico tra l’altro) che stazionano nel Pantano Leone quando allagato. “Domenica 1° ottobre – racconta l’ambientalista Vincenzo Sciabica, responsabile del Laboratorio Verde Fare Ambiente di Mazara – in seguito all’ennesima aggressione esercitata su fenicotteri, ho tentato di fare intervenire la Polizia municipale che non ha, però, risposto ai numeri telefonici che mi sono stati comunicati dai Carabinieri. I cani hanno un conduttore che cura l’oliveto che lo scorso anno è stato reimpiantato sin sulla sponda nord (si allaga in caso di forti piogge) del Pantano. E’ necessario, quindi, l’intervento comunale, non più differibile, affinchè i cani vengano allontanati dallo stagno (i danneggiamenti alla fauna selvatica – ricorda l’ambientalista- oggi sono perseguibili a norma dell’Art. 452/bis codice penale, introdotto con Legge 68/2015)”. L’ambientalista, che ha presentato un esposto al comune, confida nell’intervento del sindaco di Campobello di Mazara, Giuseppe Castiglione, che è la massima autorità in materia di anagrafe canina, controllo e attività assimilate del randagismo canino. Il sindaco, chiamato in causa, replica che ai vigili urbani è stato comunicato il “caso” e che gli stessi “devono intimare al proprietario individuato, di tenere i cani con la museruola, di tenerli al guinzaglio, di sorvegliarli, oppure tenerli in una recinzione”. Per anni la gente del posto ha chiamato questa zona “acqui fitusi”, e non a caso. E’ uno specchio d’ acqua artificiale, è nato quando il comune di Campobello, nel 1977, iniziò a convogliare le acque degli scarichi cittadini in questa depressione naturale del terreno. Le acque reflue, per anni, hanno alimentato questa falda, formando nel tempo uno stagno che si estende per circa sei ettari ai quali bisogna aggiungere altri sei ettari di canneti impaludati che raggiunge nei periodi di piena una profondità di quasi due metri. All’ inizio non vi era nulla, solo una grande fogna a cielo aperto, ma la natura sa come riprendersi i suoi spazi e, così, spontaneamente cominciò a crescere la prima vegetazione, in particolare i canneti. Nel tempo le acque del Pantano Leone cambiarono creando le condizioni perché crescesse altra vegetazione e arrivasse anche la fauna. Oggi non è difficile infatti vedere fenicotteri rosa, folaghe, marzaiole e l’anatra marmorizzata. Il Pantano Leone, che ha già ottenuto il titolo di “zona umida di interesse internazionale” secondo la convenzione Ramsar ed è riconosciuta come Zona di protezione speciale, ha tutte le carte in regola per diventare riserva naturale, specialmente se arriveranno i finanziamenti europei che riguardano l’adduzione di una condotta di ritorno dal depuratore al Pantano Leone che ha bisogno di acqua, specialmente nel periodo estivo. Il progetto è stato firmato dall’ingegnere Michele Torregrossa. E’ certo però che i cani che vanno a caccia degli uccelli, ed in particolare dei fenicotteri, non possono transitare o bivaccare in una zona candidata a riserva naturale.
Salvatore Giacalone