Terzo giorno di sciopero della fame dell’equipaggio del peschereccio mazarese “Anna Madre”, ancorato da otto giorni nel porto di Sfax, sotto sequestro. Per regolamento dell’ufficio marittimo tunisino, otto dei dieci marittimi componenti l’equipaggio potrebbero fare ritorno a Mazara, lasciando sul peschereccio il capitano e il motorista. Gli otto marittimi però non intendono ritornare per solidarietà nei confronti dei loro compagni di lavoro. Tra l’altro, i sei tunisini imbarcati hanno casa proprio a Sfax ma non intendono sbarcare. I tunisini vogliono che il capitano e il motorista restino sul natante fino a quando l’armatore non avrà pagato l’ammenda di 200 mila dinari, pari a 69 mila euro. Una sorta di ricatto per evitare che la cifra richiesta non venga versata, anche se il peschereccio resterebbe nelle mani della gendarmeria tunisina. “La vicenda si è complicata – dice l’armatore Giampiero Giacalone. Spero di avere contatti giusti a livello diplomatico per fare cancellare questa ammenda che non si può pagare. Avevo detto all’ambasciatore che il peschereccio poteva rimanere a Sfax ma chiedevo il rimpatrio dei marittimi, invece, ancora una volta, i tunisini hanno applicato il loro regolamento che prevede il rimpatrio di una parte dell’equipaggio. E’ impossibile però pagare questa ammenda. Le condizioni diplomatiche tra Tunisia e Italia si sono deteriorate. Fra qualche giorno ci sarà a Mazara la manifestazione “Blue Sea Land” alla quale dovrebbe partecipare anche il ministro della pesca tunisino Samir Taieb. Se mi sarà consentito gli chiederò i motivi del sequestro del peschereccio e perché l’equipaggio è rimasto bloccato a Sfax. Spero di ricevere una risposta convincente e non diplomatica”. Durante la navigazione verso Sfax, lo scorso 16 settembre, il comandante Giacomo Giacalone era stato rinchiuso in una cabina dell’Anna Madre e al timone c’erano i guardacoste tunisini che hanno condotto la barca a Sfax. Il pescato, del valore di circa 40 mila euro (tre tonnellate di gamberi e cento chili di pesce misto), è stato preso in consegna dalle autorità tunisine. Proprio le specie ittiche a bordo del peschereccio e il fatto che il pesce fosse congelato, avevano indotto all’ottimismo l’armatore, perché era evidente che quelle specie «non si pescano nelle acque tunisine dove, invece, si catturano le triglie». Ma le autorità tunisine non hanno tenuto in alcuna considerazione le osservazioni di Giacalone. Già lo scorso 2 agosto l’Anna Madre era sfuggito a un tentativo di sequestro, sempre ad opera di militari tunisini, mentre si trovava in acque internazionali, a circa 30-35 miglia a nord-est da Zarzis. In quella circostanza i guardacoste avevano sparato colpi di arma da fuoco; mentre l’Aliseo, un peschereccio che operava nelle vicinanze, aveva assistito alla scena e dato l’allarme. Lo stesso Aliseo sarebbe sfuggito il 19 agosto a un altro tentativo di sequestro, sempre in acque internazionale e sempre da parte di militari tunisini. Dal 23 agosto, per scongiurare rischi e dopo le reiterate richieste da parte di armatori e associazioni di categoria, si disse che i pescherecci mazaresi Aliseo, Anna Madre e Atlantide avrebbero effettuato le loro battute di pesca a circa 30-35 miglia Nord-Est da Zarzis, vigilati dall’equipaggio di una nave della Marina militare italiana, che una settimana fa, secondo quanto detto da Giampiero Giacalone subito dopo l’accaduto, si trovava a una quindicina di miglia dal natante ed è intervenuta, non potendo far nulla, insieme a un elicottero della Marina. Per questi motivi il sindaco di Mazara Nicola Cristaldi e lo stesso armatore Giampiero Giacalone, parlarono, del sequestro come forma di rivalsa della gendarmeria tunisina nei confronti dell’Anna Madre più che di uno sconfinamento nel “mammellone” che invece è stato verbalizzato dal capitano della vedetta tunisina.
Salvatore Giacalone