Una carriera folgorante quella di Salvatore Calvanico, una vita vissuta a difesa dei valori del settore primario, passando attraverso le istituzioni regionali, nazionali ed europee, con uno sguardo particolare all’implementazione dei sistemi e dei cicli di produzione agricola, all’ottimizzazione delle risorse, alla tecnologicizzazione delle attività, alla progettazione di nuovi impianti e alla cura delle relazioni e degli scambi internazionali.
Il cursus honorum di Calvanico comincia con la sua carica di Vicepresidente dell’Ordine degli Agronomi della Sicilia, per poi passare nel 1988 a Bruxelles, dove nell’ambito delle politiche comunitarie, sarà Responsabile dell’Integrazione con i Paesi dell’Est. Intanto la Coldiretti Sicilia lo nomina Responsabile economico, per poi diventare Amministratore del Settore Nazionale di Ager Sicilia. Nel 1993 si occuperà della politica economica del Monte dei Paschi di Siena, dunque sarà nominato Membro dell’Assemblea Regionale e Consigliere agricolo presso l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Sicilia nel 1996.
Nel 2000 entrerà a far parte dell’entourage del Presidente Cuffaro, nella veste di Consulente per la promozione della Regione Sicilia. Dal 2003 al 2010 sarà Consigliere di Amministrazione dell’ISMEA, per poi fondare e dirigere Euforbia, società di progettazione di ingegneria agricola, azienda leader a livello nazionale con circa 300 tecnici di afferenza.
Chi sia quindi Salvatore Calvanico per gli addetti ai lavori è ormai storia, noi invece vogliamo presentarlo al grande pubblico, facendolo conoscere anche umanamente ai giovani, che sempre più si allontanano dall’agricoltura e a chi non afferisce al settore primario.
Fichi d’India di San Cono
Calvanico cosa rappresenta l’agricoltura siciliana nel quadro nazionale in termini di produzione?
L’agricoltura siciliana ha un fatturato di 2,5 miliardi di euro e rappresenta il 15% del prodotto italiano, seconda per la produzione di olio. La Sicilia è la prima regione d’Italia per le colture biologiche. La nostra attività e il nostro impegno hanno consentito dal ’97 al 2003 di implementare le colture da un numero insignificante di poche decine ad almeno 200 impianti.
Si sente parlare spesso del problema del caporalato e delle difficoltà dei lavoratori agricoli extracomunitari, cosa pensa in merito?
Vengo da una famiglia di emigranti e so quanto sia difficile confrontarsi con culture diverse dalla propria. Credo nella forza lavoro extracomunitaria e straniera, in quanto con i costi della nostra manodopera non siamo competitivi con i mercati internazionali. Il governo si dovrebbe impegnare in maniera significativa a selezionare e integrare, questo è quello che manca e genera problemi sociali e di ordine pubblico.
Le nuove tecnologie quale apporto possono conferire ai cicli di produzione?
La Sicilia è la quarta regione più avanzata d’Italia sotto il profilo tecnologico. Con il modello 4.0 utilizziamo sempre più satelliti e droni, integrando il lavoro delle tradizionali macchine agricole con mezzi d’avanguardia. Bisogna lavorare molto sulla ottimizzazione delle risorse, come ad esempio quelle idriche, e contingentare l’uso di fitofarmaci e anticrittogamici, grazie all’utilizzo di mezzi ad alta tecnologia, che consentono studi e monitoraggi molto più puntuali e scientificamente esaustivi.
L’agricoltura siciliana attrae investitori?
Ultimamente si registra un’attenzione particolare da parte di investitori nell’ambito vitivinicolo soprattutto dagli USA. I nostri imprenditori sono all’avanguardia, ma i prodotti vanno ulteriormente valorizzati per diventare sempre più ammiccanti, per chi desidera ampliare o valorizzare il proprio core business.
Un’altra querelle molto mediatica è quella dell’eccessiva importazione a discapito del prodotto italiano.
Non esiste notizia più falsa e farraginosa. Le faccio alcuni esempi. Se non importassimo in Italia il 50% di olio, prevalentemente da Tunisia e Grecia, non riusciremmo a soddisfare il nostro fabbisogno. Così accade per le arance dalla Spagna, i capperi e i pistacchi dalla Turchia, per parlare di produzioni siciliane tanto sbandierate. E per questo bisogna rinnovare e rimpinguare gli impianti e introdurre una maggiore ricerca e sperimentazione. L’importazione dei prodotti agricoli oltretutto genera importanti flussi commerciali ed economici dai paesi esteri. Nella ricerca soprattutto non siamo competitivi, Ministero e Università non ripongono la dovuta attenzione. La Sicilia è deficitaria tralatro di mandorle, perché ci sono poche e rade piantagioni e siamo costretti ad importarle dall’America.
Che rapporto hanno i giovani con l’agricoltura?
I giovani negli ultimi anni hanno avuto poco interesse. Va fatta più formazione negli istituti professionali, bisogna ritornare, per il settore agricolo, ai vecchi istituti tecnici e agrari, piuttosto che licealizzare tutte le scuole e far perdere la nostra tradizione e manualità. Si punta troppo al terziario, anche in una regione come la Sicilia, dove ci sono solo terreni e mare, dunque potenzialmente agricoltura e turismo.
E l’Europa cosa fa per il settore primario?
L’Europa ogni tre anni circa stanzia 3 miliardi di euro e sono gli unici investimenti che arrivano, prima c’erano fondi propri. Il problema è che i fondi vengono investiti in maniera troppo frammentaria, manca una visione d’insieme. La Sicilia è stata il primo granaio d’Europa, poi al primo posto per gli agrumeti e infine serbatoio di uve pregiate. Culturalmente siamo predisposti, bisognerebbe accorciare la filiera.
Salutiamo Salvatore Calvanico e lo ringraziamo per il suo prezioso contributo che da anni rende grande l’agricoltura siciliana e italiana.