Tommaso Maria Sciacca fatto pittor da la natura.
(Dal “Giornale di scienze, letteratura ed arti in Sicilia”, 1824)
Dell’artista settecentesco Tommaso Maria Sciacca (Mazara del Vallo,1734-Lendinara, 2/5/1795), fino a qualche tempo fa, si sapeva poco; oggi possiamo affermare che se ne sa sicuramente di più e molto, ancora, resta da scoprire.
La vita
Lo storico castelvetranese Giovan Battista Ferrigno, nel 1930 sul settimanale marsalese “Il Vomere”, ha tentato di tracciare il profilo biografico dello Sciacca. Successive e ulteriori notizie, date da Giuseppe Basile (1) e da Alberto Rizzo Marino (2), hanno arricchito l’identità del Nostro.
Si sa che “il padre si chiamava Giovanni e la madre Vincenza, che (…) Giacomo – fratello fu canonico (corsivo nostro) – della Cattedrale e insegnante al Seminario (…); sappiamo, anche, che tra il Settembre e il Dicembre del 1765 si trovava a Palermo; in questa città fu allievo, di Gaspare Serenari, decoratore convenzionale e sfarzoso, autore di affreschi e dipinti in numerosi palazzi e chiese di Palermo e Roma. Nella capitale italiana fu allievo di Agostino Masucci, rappresentante dell’accademismo di stampo arcadico della pittura romana del XVIII secolo; amico di Mariano Rossi di Sciacca (3), considerato un pittore “antibarocco” dallo storico dell’arte statunitense Bernard Berenson e, fino al 1765 c.a., aiuto bottega di Antonio Cavallucci, pittore del tardo barocco dal gusto nordeuropeo, a Roma.
A Roma, Tommaso Sciacca, “perseguitato dall’avversa fortuna non poté mai per mezzo dell’arte sua sollevarsi dalla miseria, ed una delle sue maggiori fortune fu l’essersi indoto il Cavallucci a prevalersene nel suo studio per abbozzare”. “Fu un uomo di esemplare costume e religiosissimo, e perciò molto amato dal Cavallucci. Oltre alla pittura, era profondo nella matematica, e di questa scienza formavasi un sollievo nelle tristi sue circostanze” (4).
Negli anni attorno al 1759, presumibilmente, fu anche a Genova (dove era conosciuto come il Mazariello); qui, le sue opere si trovano (sembra numerose) sia in collezioni pubbliche che private.
Nel 1766 fu a Mazara; nel 1786 e nel 1792 a Roma, dove sposa Chiara Pannaria, figlia del pittore palermitano Matteo (5). Nello stesso anno del suo matrimonio si reca in Polonia, a Petrycozy, per realizzare alcune opere nella parrocchiale, opere commissionategli da Stanisław Małachowski – uno dei firmatari della Costituzione polacca del 3 maggio 1791 (6). “Nel 1794 a Rovigo, nel 1794/95 a Lendinara e a Villanova del Ghebbo” (7).
Sciacca morì repentinamente il 2 maggio 1795 a Lendinara, mentre si apprestava a dar inizio alla decorazione pittorica della cupola del Duomo di Santa Sofia, rappresentante il “Trionfo della Chiesa”. Gli affreschi sono stati proseguiti dal veronese Giorgio Anselmi (che si attenne al bozzetto preparatorio dello Sciacca), il quale, mentre si apprestava a concludere il ciclo decorativo, cadde mortalmente da un’impalcatura non riuscendo a completare l’opera pittorica.
Lo stile
Tommaso Maria Sciacca è il primo artista mazarese che abbia avuto un ruolo considerevole nel panorama artistico nazionale ed internazionale, tanto che, in vita, ebbe “bastante merito per ottenere buon nome nell’arte colle opere proprie” (8), nel solco della tradizione decorativa barocca italiana. È stato definito un pittore “non molto corretto nel disegno, ma valoroso nel colorito” che componeva le sue opere con “uno stile piuttosto macchinoso, ma con grazia”; le sue pitture avevano sempre “buon partito di chiaro-scuro ed un vivace gusto ed accordo di tinte” (9).
“Fu tra i pochissimi non veneziani, e l’unico tra i siciliani del suo secolo a cogliere l’importanza e la fecondità della lezione formale di Sebastiano Ricci” – artista veneziano dalla pittura chiara e luminosa – “di quel suo rendere l’immagine con i soli mezzi della luminosità più solare, ma anche più nervosamente dinamica” (10). L’artista Sciacca, soprattutto nelle opere mazaresi, “ha immesso il lievito della vibrante luminosità riccesca (corsivo nostro)” (11). Un lievito che, il Nostro, molto probabilmente per timidezza culturale, non ha saputo, nell’esperienza romana, proporre come alternativa al gusto classicheggiante dominante nella Capitale. Lo fa, solamente, nel Veneto, nella terra del Tiepolo, verso la fine della propria carriera.
In vita, comunque, Sciacca godette “riputazione nel comporre, nell’arte del chiaro-scuro, nell’armonia e nel tinteggiare, in guisacchè era anche consultato da’ buoni artisti per queste parti in cui veniva riguardato come maestro” (12).
Le opere
In tutta la sua vita ha firmato solamente tre tele; gli scrittori a lui contemporanei gliene attribuiscono solamente 23; nel 1968 Giuseppe Basile ne ha rintracciate 24, delle quali tre erano (nel 1965) in condizioni “di quasi completa illeggibilità” e sono tutte riconducibili ai soli due periodi, quello siciliano e quello veneto. Allo Sciacca, complessivamente, gli attribuiscono 45 opere e, negli anni successivi, gliene vengono attribuite altre due (ma, a quanto pare, sono di più) a Genova ed altre in Polonia. Tommaso Sciacca lavorò, oltre che in Sicilia e a Roma, anche, a Genova, nel Veneto e in Polonia.
A Palermo, nella sua primissima gioventù, realizza affreschi in alcune cappelle della chiesa di S. Francesco Saverio.
A Genova (dove era conosciuto come “il Mazariello”), le sue opere si trovano (sembra numerose) sia in collezioni pubbliche che private e, nel 1759, dipinge il “Ritratto del cardinale Gerolamo Spinola” (ma, anche, a “La supplica”, esposta per anni accanto ad un Rubens, e oggi nei depositi del Palazzo Spinola). L’opera della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Genova rappresenta il nobile genovese Gerolamo Spinola (1713-1784) con l’abito cardinalizio. Il ritratto fu verosimilmente commissionato dall’effigiato per celebrare la nomina da parte di papa Clemente XII a cardinale, avvenuta il 24 novembre del 1759. La tela, presenta il neoeletto, sorridente e benevolo, mentre mostra la missiva che ha in mano. Sul fronte della lettera si può leggere l’indirizzo “All’Em. A Roma Sig, Card. Spinola vescovo di Palestrina”, che permette l’identificazione del personaggio con Gerolamo, figlio minore di Maddalena Doria e del doge Nicolò Spinola, proprietari della dimora di Pellicceria nel corso della metà del Settecento.
Ritratto del cardinale Gerolamo Spinola, olio su tela 200 x 154 (1759), Galleria Nazionale di Palazzo Spinola (Genova)
Nel 1766 realizza nella chiesa di S. Michele di Mazara del Vallo gli affreschi aventi come tema “La Strage degli innocenti” e il più importante e realistico “Trionfo di San Michele sopra Lucifero”, che si può ammirare sopra la volta vicino alla cantoria, impreziositi da lamina d’oro che ricopre i festoni dei decori a stucco e le grate lignee dei matronei e della cantoria, e alcune tele degli altari laterali: “La strage degli Innocenti”, “La Sacra Famiglia” e “La morte di S. Benedetto”. “Il Trionfo di S. Michele su Lucifero”, che domina la volta della navata, è caratterizzato dal particolare del diavolo che, divenuto elemento plastico (sculto-pittura), fuoriesce dalla superficie dell’affresco. Decorò, inoltre, con piccoli affreschi, le volte delle varie cappelle.
Il Trionfo di San Michele (1766), affresco sulla volta della navata della Chiesa di San Michele, Mazara del Vallo
Affrescò, in questo periodo, anche la volta della chiesa di San Calcedonio, detta del Purgatorio e una stupenda tela del Santo. Nella Sacrestia della Cattedrale si conserva la tela ovale dei “Santi Vito, Modesto e Crescenza”.
Nella chiesa di S. Marco di Enna, fra il 1768 e il 1769, esegue la pala d’altare dell’“Immacolata”, posta sul primo altare a destra. Il dipinto è stato commissionato per conto delle monache dal priore Vincenzo Petroso, dei baroni di Pollicarini. L’artista, seguendo un impianto tradizionale, colloca l’Immacolata in posa estatica tra due santi vescovi di preminente culto greco, San Spiridione a destra e San Nicola a sinistra, ognuno affiancato da un cherubino recante uno la mitra vescovile e l’altro un libro e tre monete, i loro simboli di riconoscimento, peraltro facilitato da una scritta esplicativa che ne indica il nome, delineata ai rispettivi piedi. Nel 1769 dipinse il “Ritratto di Clemente XIV” (Chiesa di S. Francesco d’Assisi, Trapani).
A Roma dipinse due tele d’altare, una destinata alla chiesa di Subiaco e l’altra per la chiesa dell’Ospedale di S. Spirito e, nel 1784, dipinse la “Maddalena in casa del Fariseo” nella chiesa della Maddalena di Ravenna. Quando i Ruspoli, principi di Cerveteri, comprarono l’omonimo palazzo nel 1776, lo fecero abbellire con affreschi, chiamando, in tempi diversi, i migliori artisti dell’epoca operanti a Roma. Nel 1782, Tommaso Sciacca esegue alcuni affreschi all’interno del Palazzo Ruspoli che, via via, divenne uno dei centri mondani, noto per le feste sfarzose che vi si tenevano, più importanti della città (13).
In Polonia, a Petrykozy (un piccolo villaggio della Polonia centrale), nel 1792, nella Parrocchiale intitolata a Santa Dorotea, “fondata da Stanisław Małachowski come ringraziamento a Dio per la Costituzione del 3 Maggio e progettata da Johann Christian Kamsetzer – l’architetto di corte del re polacco Stanislao Augusto Poniatowski” (14), al suo interno, Tommaso Maria Sciacca, realizza tre opere: “Santa Dorotea”, “Angeli Custodi” e “Madonna con Bambino Gesù”. “È molto probabile che a Roma s’incontrarono Małachowski (nel 1792, infatti, si ritirò dall’attività politica e, per qualche anno soggiornò in Italia) e Sciacca e a Roma sono stati commissionati i quadri per la chiesa a Petrykozy” (15).
Madonna con Bambino Gesù, Chiesa di Santa Dorotea a Petrykozy (Foto di Bożena Wężyk, www.parafiapetrykozy.com)
Alla fine del 1794, a Lendinara, Tommaso Sciacca, introdotto nell’ambiente polesano dall’abate Anton Maria Griffi. abbellisce con pitture ad affresco il Santuario della Beata Vergine del Pilastrello; nel secondo e terzo altare di destra sono poste due sue pale tardo settecentesche raffiguranti “S. Antonio da Padova che riceve Gesù Bambino” e “S. Antonio abate che visita S. Paolo eremita”.
Negli ultimi anni della sua vita, trascorsi in Polesine, l’artista realizzò diverse opere: a Lendinara, presso il convento e la chiesa del Pilastrello; a Rovigo nel Duomo (“Santo Stefano che battezza Lucilla”), nella chiesa di San Bartolomeo (“Apparizione della Vergine a S. Carlo Borromeo”- fine ’700), e due tele (una raffigurante “S. Michele” e la seconda “L’Ultima Cena”, rispettivamente sull’altare e nell’abside) nella chiesa di San Michele Arcangelo di Villanova del Ghebbo. L’intervento di Sciacca in Santa Sofia a Lendinara è così ricordato dal Brandolese: “fu adunque con lui convenuto che dipingesse il catino della crociera del duomo, e con istraordinario impegno diede mano alla grandiosa impresa. N’era compiuto il bozzetto, e stava allestendo in cera i modelletti di alcune figure: il palco erasi già eretto, né rimanea al pittore che salirvi per dar principio all’opera, quando fatalmente assalito da improvviso malanno dovette in pochi dì cedere al comune destino” (16), proprio quando “incominciava a risorgere dall’antica indigenza”(17).
È possibile, oggi, poter ammirare dell’illustre cittadino mazarese, presso la Pinacoteca Civica di Palazzo dell’Arengo ad Ascoli Piceno, ben cinque tele (alcune certe, altre attribuite; e in particolare: l’“Apparizione della Madonna a S. Francesca Romana” , tela ligia ai canoni accademici romani; “S. Francesca Romana”, di buona fattura e che presenta una composizione vivace caratterizzata da accenti melodrammatici; la “Madonna con Bambino con S. Anna, S. Giovannino e S. Elisabetta”, appartenente al momento romano ; “S. Francesca Romana ha la visione del suo angelo custode” e, infine, la “Crocifissione di Cristo” con i suoi preziosismi cromatici (18).
Giacomo Cuttone
Note:
-
Giuseppe Basile (originario di Castelvetrano, è stato funzionario storico d’arte presso l’Istituto centrale del restauro e ha diretto il Servizio per gli interventi sui Beni artistici e storici, ha insegnato “Teoria e storia del restauro delle opere d’arte” presso l’Università La Sapienza di Roma), “Un pittore siciliano del Settecento: Tommaso Mario Sciacca”, ed. De Luca, Roma (1968);
-
Avvocato e Sindaco della Città di Mazara del Vallo, fu ricercatore presso l’Archivio storico Diocesano e autore di innumerevoli studi monografici;
-
Giornale di scienze, letteratura ed arti in Sicilia, 1824;
- Gherardo De Rossi, Vita di Antonio Cavallucci da Sermoneta pittore, Venezia 1796;
-
Oliver Michel, “Vivre et peindre à Rome au XVIII siècle” (Collection de l’Ecole de Rome n. 217), Rome;
-
Agata Rola-Bruni , “L’artista siciliano Tommaso Maria Sciacca e la Costituzione polacca del 3 maggio 1791”, in https://www.polacchiinitalia.it/lartista-siciliano-tommaso-maria-sciacca-e-la-costituzione-polacca-del-3-maggio-1791/, 2021;
-
Giuseppe Basile, op. cit.;
-
Gherardo De Rossi, op.cit.;
-
Ibiden;
-
Giuseppe Basile, op. cit.;
-
Ibiden;
-
Giornale di scienze, letteratura ed arti in Sicilia, 1824;
-
Olivier Michel, “Un esempio di eclettismo: la decorazione di Palazzo Ruspoli nel 1782”, Istituto Poligrafico e Zecca Dello Stato, Roma, 1985;
-
Agata Rola-Bruni, op. cit.;
-
Ibiden;
-
Pietro Brandolese, “Del genio de’ Lendinaresi per la pittura e di alcune pregevoli pitture di Lendinara”, Stamperia del seminario, Padova, 1795;
-
Gherardo De Rossi, op. cit.;
-
MBC, Regione Marche.