Il viaggio dell’artista padovano Elio Armano (nato nel 1945 a Padova, città dove attualmente vive e lavora) è iniziato dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1967 ha già ottenuto il premio di scultura dell’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia; ha proseguito poi la ricerca artistica e l’attività plastica dal bronzo alla terracotta, compiendo nel contempo le esperienze più varie dalla scenografia al restauro, dalla grafica al giornalismo e alla vita politica e istituzionale. Tra un crescendo di mostre e di critica, a Padova ha donato opere civili come il “Monumento ai tre martiri della Liberazione” (2005) e il “Giardino dei Giusti del Mondo” (2008), per, poi, lasciare un segno d’arte in riviera Tiso (lungo il Brenta) sul luogo dove doveva essere la casa natale di Andrea Palladio. L’artista Elio Armano ha un itinerario che prevede sette approdi, “…e subito riprende il viaggio” verso l’infinito.
E’ una sorta di via Crucis che ricostruisce, con stazioni, il percorso doloroso (le sue opere celebrano l’ambiente ferito, i caduti delle guerre, i luoghi sofferenti dell’umanità) e, a volte, un itinerario “ideale” dell’umanità: dalle rovine di Selinunte alle metope del museo Archeologico di Palermo, dalle teste intagliate come zucche di Halloween degli operai di Porto Marghera o dei naufraghi del Mediterraneo o, ancora, dei bambini strappati alle famiglie da Trump alla desertificazione della terra sempre più invasa da cumuli di plastica, dai “giardini in scatola” al “bosco” arrugginito (emblemi di un paradiso che l’uomo sta distruggendo), dalla “sua” città “in progress” (luogo silente e misterioso, dove il calore del cotto riscalda l’incrocio metafisico delle strade) alle “barche dell’anima” (simbolo dell’andare altrove).
L’alfabeto del Nostro è volutamente semplice ed essenziale: i materiali scelti sono poveri (argilla cruda, terracotta, gesso, legno, ferro, catrame…).
In questo viaggio, l’itinerario pro-duttivo, oltre ad essere un omaggio a due grandi artisti del Novecento – Tono Zancanaro (che della Sicilia era innamorato) e Pietro Consagra (che di Mazara era nativo) –, ci segnala anche la presenza di Mazara del Vallo e della Sicilia intera; e ciò, quasi, a voler dire ed essere un grido di dolore e di speranza per l’umanità.
Un viaggio fatto di partenze e di approdi, di fatica e di morte; un viaggio che Armano, comunque, non vuole proseguire da solo: intende imbarcare più gente possibile perché sarà un lungo viaggio “fertile in avventure e in esperienze” (Costantino Kavafis, Itaca).
Giacomo Cuttone