Città spettrali, pochissime persone per le strade delle città. La maggior parte indossa mascherine protettive, i negozi sono chiusi e, davanti agli alimentari aperti, la gente resta in fila, a distanza, per evitare contatti diretti, come davanti le farmacie. Sembra un film ed invece sono le abitudini che cambiano al tempo del virus, che sta terrorizzando il mondo. Come cambia la vita ai tempi del coronavirus? E come cambia dal giorno in cui è entrato in vigore l’ultimo decreto del presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte che estende a tutta Italia quelle misure restrittive e quelle limitazioni che erano stata pensate inizialmente soltanto per la zona rossa della Lombardia e di alcune province del nord.? Ormai tutta Italia è una grande “zona protetta” dove sono limitati gli spostamenti, dove alcune attività sono ferme, dove è vietata ogni forma di assembramento, dove i bar devono chiudere entro le 18, dove musei, teatri, cinema, palestre, piscine, impianti sportivi sono chiusi, dove l’indicazione più importante è quella di rimanere a casa. Tutto questo per limitare al minimo la possibilità di contagio e combattere così in modo concreto e soprattutto esteso in tutto il Paese la diffusione del coronavirus. Viviamo in una città prigioniera del silenzio, senza stringerci più la mano, abbracciarsi, baciarsi, estranei nella nostra città, un saluto con la mano all’amico che conosciamo da una vita, incredibile è questo silenzio tra le mura della città. In un mondo chiassoso dove spesso le parole sono eccessive e superflue è inimmaginabile quante forme di silenzio ci siano ed è ugualmente inimmaginabile quanto parli il silenzio”. A volte, però, ci sono silenzi che fanno davvero male e che, paradossalmente, urlano dentro di noi. Silenzi in cui ci rifugiamo per paura di affrontare qualcosa che ci spaventa, cercando così di scappare dalla vita e dalle sue difficoltà, oppure ci sono silenzi di solitudine, di emarginazione, di angoscia. Il silenzio è quindi una forma di comunicazione potentissima, anche se di frequente se ne sottovalutano le potenzialità ed è pressoché ignorato e dimenticato. Se però riflettiamo, capiamo che per far sì che le nostre parole siano davvero piene di significato, che siano autentiche e autorevoli, ci vuole silenzio. Ed è quello che facciamo, se pur a malincuore, per Corona virus. Alla prossima. (sg)