Nel 2022 ho pubblicato su questo sito (https://www.tele8tv.it/uno-sguardo-parziale-sullarte-contemporanea-in-sicilia-di-giacomo-cuttone/) lo “sguardo” n. 1 relativo ad alcuni artisti “radunati” dall’infaticabile Vincenzo Caruso (direttore scolastico negli istituti d’arte, in quiescenza) nel gruppo facebook ProPostArt…”io mi ricordo”… (2304 membri). In tutti questi anni, il Nostro, non solo ha saputo riunire le più interessanti figure artistiche che operano in Sicilia, ha individuato diversi esperti e moderatori (sparsi in tutta la Sicilia e, come gruppo, ha prodotto diversi video sull’attività artistica di molti artisti siciliani e raccolto in volumi (in versione PDF) “Dialoghi, conversazioni, dibattiti… dalla creazione del gruppo”.
Qui, tenteremo di puntare il nostro sguardo, sempre parziale, sul lavoro di alcuni (altri, rispetto al primo articolo) di questi artisti.
Alberto Abate:
“Pittura colta”, “anacronismo”, “ritorno alla pittura”, “sincretismo”, “movimento neoclassico internazionale”, tutte categorie, queste, per definire l’arte pittorica di Alberto Abate; categorie che gli storici dell’arte e/o i critici individuano per “ingabbiare” un artista dentro gli “ismi” di turno, per semplificarne la collocazione fra le pagine dell’arte contemporanea. Al di là di tutto questo, il “fare” artistico di Abate ci appare come un tentativo di “fondere” linguaggio figurativo e “non figurativo”, iconico e aniconico. Il Nostro cerca di far “dialogare” la figurazione con il mondo astratto-geometrico-costruttivista; dove, però, la fa da padrona la figura (generalmente collocata in primo piano), mentre riduce a “sfondo” quel mondo variegato non-figurativo che tanto ha caratterizzato l’arte del secondo Novecento.
Paolo Asaro:
Abbandonato il linguaggio figurativo dal forte richiamo al mondo klimtiano, Paolo Asaro sta percorrendo, recentemente, il suo labirinto esistenziale. Come un Dedalo dei nostri giorni “costruisce” i suoi labirinti che sono percorsi intricati, enigmatici – solo apparentemente senza via d’uscita – tracciati con la linea continua; basta per-correrli interamente, fin dal loro inizio, per trovare la via d’uscita. Come F. Nietzsche in “Ecce homo”, preferisce “le vie tortuose per arrivare alla verità”, i suoi sono itinerari mentali che lo/ci accompagnano nel tortuoso cammino di conoscenza per diventare viaggi di speranza e di rinascita.
Matteo Barretta:
Dalla luce all’ombra, dalle atmosfere assolate a quelle cupe ed acide che ci rimandano alle esperienze “Die Brücke”. Eppure, in tutto il suo percorso, Matteo Barretta rimane fedele alla “sicilitudine”, cioè a quella condizione esistenziale dell’essere siciliano. Una pittura, la sua, cruda, a volte dolorosa e, comunque, sempre intimista e lirica. Frammenti di vita dove i rossi fanno da contrappunto al nero; le pose delle “sue” donne rimangono sensuali, morbide, aggraziate, quasi classiche che si muovono in uno spazio informale e reale insieme.
Luigi Massimo Bruno:
I dipinti di Luigi Massimo Bruno ricordano il linguaggio espressivo del Rouault maturo. Sono – le sue – opere espressioniste, infatti i volti dei personaggi, realizzati con “foga” ed “impietosa aggressività”, rappresentano un’umanità sconfitta, umiliata e/o in pieno pathos interiore. I suoi volti sono caratterizzati da uno “spiritualismo esistenziale” che – a nostro parere – ci rimanda alla poetica filosofica “saltriana”.
Giuseppe Forte:
Con le sue opere ci regala particolari spaccati della nostra Sicilia. Una visione che, via via, si allontana dal mondo “naïf” e con la stessa “semplicità” ci catapulta in un mondo quasi “guttusiano”, rendendolo molto personale; va oltre l’immagine tentando di oltrepassare il limite del “rettangolo” del supporto, come a dire che ciò che è raffigurato è solamente una “porzione” e che la realtà (quella rap-presentata) s-corre al di là del “limite” che si è “imposto” l’artista.
Michela Fragale:
Saranno vele gonfie dal vento, simboli della buona o cattiva sorte, oppure saranno strelitzie/uccelli del paradiso che, dal pennello di Michela Fragale, nascono in tutte le stagioni? Forse tutte e due e c’è dell’altro. C’è il sole sempre alto e la luna piena nel Suo universo e, ancora, ci sono nastri colorati che a volte si annodano e altre volte si sciolgono, dei “ribbon” contro i mali del mondo. Sono, sicuramente, forme della memoria sospese e/o che vagano in uno spazio s-confinato.
Cristiano Guitarrini:
I suoi lavori non sono frutto dell’ispirazione e non hanno l’obiettivo di emozionare. Sono il frutto del suo pensiero e vuole contribuire a formare una coscienza. La realtà che ci raffigura non è come la vede ma come la vorrebbe che fosse; una realtà ri-pulita dalle brutture che l’uomo, avido di potere e denaro, gli procura quotidianamente; Cristiano lava la realtà quasi fino a togliere il colore, la purifica totalmente; vuole formare delle coscienze, vuole contribuire alla costruzione di un pensiero critico per salvaguardare ciò che abbiamo in termini di natura, beni culturali… vuole, insomma, salvare ciò che resta.
Silvana Lunetta:
Un viaggio, quello di Lunetta, tra le pieghe del tempo, tra rughe e stratificazioni, tra lesioni e crepe. Un viaggio tra segni e sogni, tra gocce e materia, tra luci e ombre. Un viaggio continuo, in-finito, dove il tempo ha lasciato impronte, superfici, memoria.
Sebastiano Messina:
Le testine e i busti di Messina sono come “dei piccoli monumenti eretti in onore della divina primavera della vita”, così scrisse Ardengo Soffici a proposito delle testine e busti di bambini di Medardo Rosso. Come Rosso ama la purezza, la freschezza e l’innocenza dei bambini. Messina vuole “dimenticare la materia”, infatti, le sue forme sono volutamente “non finite”, ricche d’impronte in un gioco senza fine con la luce che le avvolge, le plasma, le modella.
Rosario Murabito:
Il linguaggio artistico di Rosario Murabito appare più lineare quando lavora la materia, inserendosi a pieno titolo nella grande tradizione della scultura italiana del secolo scorso. Fra gli scultori del Novecento, forte è il riferimento a Marino Marini e ai suoi “cavallo e cavaliere”. Altro discorso è la sua pittura. Qui, il Nostro, spazia con disinvoltura da un linguaggio all’altro come a voler cercare quella cifra più congeniale alla sua sensibilità artistica, capace di rendere con immediatezza il suo mondo interiore e quello che gli sta intorno.
Salvatore Pecoraro:
I dipinti di Salvatore Pecoraro trasmettono la “joie de vivre” per l’uso che fa del colore. Il colore è, secondo Salvatore, il principale veicolo delle emozioni. Nei suoi tronchi bruciati non c’è nessuna traccia d’incendio, non c’è morte né lutto; le tinte fortemente mediterranee (colori accesi, solari ed innaturali) intendono riaffermare la speranza, la vita e il piacere dell’esistenza.
Alfio Rapisarda:
Picanello, nelle opere di Alfio Rapisarda, diventa “l’ombelico del mondo”, il “centro” della “periferia”. È, la sua, una Picanello espressionista, schieliana, e nelle sue linee curve ed ondulate, a volte, klimtiana; altre volte quelle “angosciose” di Kokoschka. I suoi di-segni ci ricordano sicuramente i disegni “erotici” di questi maestri. Confrontarsi e/o dialogare, piuttosto, con Questi non è facile e, soprattutto, non è da tutti. Bisogna avere una grande sensibilità e “manualità”; la mano e la mente deve rispondere al turbinio dell’anima, deve saper tradurre con spontaneità e freschezza ciò che l’Io interiore “attraversa” in quel determinato frangente; saper cogliere “l’attimo” e farlo diventare per sempre, eternità.
Manuela Samperi:
Di acqua, la pittura di Manuela Samperi, si nutre e con l’acqua dà vita ai suoi “fogli”. Così nascono i suoi volti femminili “bagnati sul bagnato”, così germogliano e “galleggiano” le sue ninfee. Le ninfe della Samperi sono di una bellezza incomparabile, “posate sull’acqua”, “vestite di rugiada”, “ricche di fiori” e “melodiose”. Le ninfee – “purezza di cuore” di Manuela, sono “presenze” simbiotiche che con la figura s’accoppiano generando una sorta di amplesso panico.
Fabio Sciortino:
Il mondo di Sciortino è fatto di pulviscoli sospesi nell’atmosfera e veicolati dal vento, sono frammenti di natura, sono residui della vita che si svolge sul pianeta. Il suo è un orizzonte di un non luogo.
Giuseppe Tumbarello:
Alcune opere di Tumbarello evocano suggestioni futuriste; suggestione che si manifesta, anche, nell’impiego di colori dissonanti e forme che suggeriscono dinamicità e movimento. Segno e forma, colore e spazio, diventano elementi unici d’espressione, “reticoli” di sensazioni ed emozioni.
Carmela Zuccarello:
I fiori non profumano più come una volta. Ad affermarlo sono gli studiosi: l’inquinamento sta cancellando il loro profumo. La fragranza, insomma, se ne è andata insieme alle mezze stagioni. Anche i fiori di Carmela Zuccarello non profumano più, sono “fleurs maladives”, recisi; sono testimoni e vittime di un sistema-mondo che sta, giorno dopo giorno, imputridendo.
Ci piace concludere questo ulteriore “sguardo parziale” sull’arte contemporanea in Sicilia con l’epigrafe incisa sul frontone del Teatro Massimo di Palermo: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”.
Giacomo Cuttone