Quando tutto questo sarà finito – perché finirà – cosa ne sarà del mondo che abbiamo conosciuto? C’è già una novità: la scoperta della tecnologia. A causa dell’emergenza coronavirus tutti hanno avuto modo di conoscere e usare la tecnologia di massa, che consente azioni che prima erano quasi esclusivamente svolte «in presenza», come comprare un abito sartoriale, oppure fare lezione. Non perché non ci fossero anche prima le possibilità di ricorrere alla tecnologia, ma perché non era necessario. Per alcuni ambiti però rimarrà il desiderio di toccare e di vivere un’esperienza fisica: non scompariranno i negozi, ma è probabile che si specializzino in nicchie che accontentino una determinata clientela. Quale sarà l’impatto di questa pandemia sulle nostre vite dipenderà dall’effetto che scaturirà una volta che tutto questo sarà finito: ci sarà la paura di ritornare alla vita di prima o un’esplosione di voglia di normalità, come accade dopo la fine di una guerra? Se una pandemia assomiglia alla guerra, non si sa: la guerra quando finisce, è finita davvero, mentre una pandemia può avere una “coda”. Il rischio è che questo ritorno alla normalità sia meno rapido. Ci sono altri aspetti della vita quotidiana che potrebbero subire dei cambiamenti. In primis, i ristoranti, l’andare a teatro o le riunioni con gli amici o ancora i convegni, i congressi. Modi per divagare o per lavorare, che ad oggi hanno subito uno stop forzato e un cambio di passo non indifferente. Qual è il rischio? Quello di sfociare in abitudini di consumo nei modi più esclusivi permessi soltanto a chi può ma anche di avere sempre più poveri. Ma si tratta per ora solo di ipotesi. Intanto, auguriamoci che la paura del coronavirus dei pipistrelli, sempre di impronta cinese, riesca a farci tornare “umani”, e nuove élite gestiscano la crisi, non con la solita arroganza ideologica, ma con una serena intelligenza sociale. Alla prossima.
Salvatore Giacalone
12 aprile 2023