Finalmente liberi. I due marittimi imbarcati sul peschereccio “Anna madre”, possono rientrare a Mazara. Il peschereccio, invece, resterà a Sfax per scelta dell’armatore, perché l’imbarcazione sta svolgendo il riposo biologico e ne avrà ancora per dieci giorni. Dopo questo periodo non rientrerà a Mazara ma con l’equipaggio andrà direttamente sui banchi di pesca. Se oggi i due marittimi rientreranno a Mazara, per domani è in programma una conferenza stampa al comune dove parteciperanno il capitano e il motorista che racconteranno tutti i momenti della brutta avventura. L’armatore è in silenzio stampa e non vuole rilasciare alcuna dichiarazione ma fonti molto attendibili dicono che la società armatrice “Pesca giovane srl” ieri pomeriggio ha già pagato l’ammenda di 34. 500 euro, somma pattuita con le autorità militari tunisine per il rilascio dei due uomini e dell’imbarcazione. Per Giacomo Giacalone e Salvatore Calia, rispettivamente comandante e direttore di macchina del peschereccio mazarese, che si trovano a Sfax dopo il sequestro del natante, avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 settembre scorsi, in acque internazionali, da parte di militari tunisini, è arrivato finalmente il giorno della liberazione dopo 21 giorni di fermo sotto sequestro, con l’accusa di avere invaso le acque di pertinenza tunisina, nella zona del cosiddetto “mammellone”. I due marittimi sono stati gli unici a non potere lasciare il peschereccio, che aveva un equipaggio di dieci uomini (tre mazaresi e sette tunisini) e a potere rientrare in Italia se prima gli armatori, che sulla vicenda tre giorni fa si sono imposti il silenzio stampa, non avessero pagato l’ammenda inflitta loro dalla Commissione interministeriale tunisina che proprio nelle ultime ore ha dimezzato la somma in un primo momento fissata a 69 mila euro, equivalente a 200 mila dinari. Il sequestro è avvenuto con un blitz. Cinque militari tunisini, che erano a bordo di una vedetta, sono piombati sull’ ”Anna Madre” e, armi in pugno, hanno preso possesso del peschereccio. Il comandante Giacomo Giacalone è stato rinchiuso in una cabina e al timone si sono messi i guardacoste tunisini che hanno condotto la barca a Sfax. Il pescato, del valore di circa 40 mila euro (tre tonnellate di gamberi e cento chili di pesce misto), è stato preso in consegna dalle autorità tunisine. Proprio le specie ittiche a bordo del peschereccio e il fatto che il pesce fosse congelato, avevano indotto all’ottimismo l’armatore Giampiero Giacalone, perché era evidente che quelle specie «non si pescano nelle acque tunisine dove, invece, si catturano le triglie». Il motivo della forte ammenda sarebbe stato legato ad una recidiva del peschereccio che, secondo i tunisini, sarebbe stato fermato e sequestrato in altro periodo. Questa sarebbe la seconda volta, affermazione respinta dal Giacalone “perché – ha detto – sia l’”Anna Madre” che il capitano Giacomo Giacalone, non sono stati mai nelle mani dei militari delle vedette tunisine. Il peschereccio non è stato mai sequestrato e basterebbe visionare i registri della Capitaneria di porto di Mazara”. Già lo scorso 2 agosto l’Anna Madre era sfuggito a un tentativo di sequestro, sempre ad opera di militari tunisini, mentre si trovava in acque internazionali, a circa 30-35 miglia a nord-est da Zarzis. In quella circostanza i guardacoste avevano sparato colpi di arma da fuoco; mentre l’Aliseo, un peschereccio che operava nelle vicinanze, aveva assistito alla scena e dato l’allarme. Lo stesso Aliseo sarebbe sfuggito il 19 agosto a un altro tentativo di sequestro, sempre in acque internazionali e sempre da parte di militari tunisini.
Salvatore Giacalone