In questo articolo oggi tratteremo di un ricordo di Ignazio Mannone, grande conoscitore della storia contemporanea di Mazara del Vallo e dei suoi più popolari personaggi pubblici e meno, che hanno fatto la storia di questa città. Ignazio Mannone ci racconta di un personaggio unico nel suo genere, Francesco Giattino.
Giattino nacque a Mazara il 18 novembre nel 1899, dove visse fino alla sua morte. Personaggio eccentrico, amava la musica e l’eleganza, sarto di professione, sdegnava il lavoro e la puntualità. Tutti in città conoscevano questo personaggio e ognuno di loro lo racconta secondo la propria percezione. Ignazio Mannone racconta della sua esperienza conoscitiva di Giattino attraverso la madre.
“”Mia madre conosceva bene Francesco Giattino e la sua famiglia, raccontava sempre che era un bravo sarto, ma di quelli che aspettava sempre che il lavoro gli saltasse addosso, ma in verità, lui sosteneva di essere uno stilista. Amava molto la spensieratezza, stare con gli amici, sempre in allegria. Di lui ho un chiaro ricordo; era molto magro, sempre elegante, abiti sempre puliti (se li cuciva lui stesso) e fazzoletto che usciva dal taschino della giacca, i capelli sempre molto lunghi, lo ricordo sempre con una capigliatura leonina. Portava sempre una cravatta a farfalla, l’abito molto attillato, i pantaloni con una piega che sembrava inamidata e le scarpe di due colori, bianco e marrone o bianco e nero. Mia madre raccontava che era di famiglia povera e la passione per la musica lo portò a entrare nella banda musicale mazarese. Naturalmente gli strumenti erano di proprietà del comune, quindi si potevano usare durante le prove, in prossimità di una manifestazione e il giorno stesso. Essendo un soggetto apatico, seguiva le lezioni degli insegnanti quando ne aveva voglia, gli piaceva dormire e alzarsi tardi, quindi arrivava sempre in ritardo; però, era molto veloce ad apprendere, bastava che guardasse cinque minuti lo spartito che già lo aveva memorizzato, in ciò era fulmineo. Raccontava mia madre che sapeva suonare tanti strumenti, da quelli a fiato a quelli a corda. Suonava il trombone, e anche la tromba, e gli strumenti a corda: il violino e il mandolino. Ogni tanto capitava di strambare mentre suonava, allungava qualche nota e quindi cominciava a svariare in modo cervellotico. Tante volte si univa ad altri patiti della musica e senza che nessuno li pagasse, si riunivano in qualche piazza piccola o grande di Mazara e cominciavano a suonare per i passanti e il loro piacere. Tanti si fermavano ad ascoltare e alla fine davano un po’ di denaro, giusto per ricompensarli del bel momento trascorso ad ascoltare. A Giattino, piaceva molto la musica di Verdi, ne era innamorato, e si notava quando iniziava a suonare, dai cenni che faceva con la testa e dall’aspetto si capiva che in quel momento oltre che a suonare stava sognando; era un vero artista. Passato questo momento di attività con la banda musicale comunale, si è ritrovato con i suoi anni ad affrontare i problemi degli anziani che non sanno come affrontare la giornata e quindi come poter sbarcare il lunario. Allora la sera ci riunivamo in piazza Mokarta, ci sedevamo ai tavolini del bar Sardo, lui arrivava con il suo mandolino e noi lo invitavamo a sedersi e prendere qualcosa in nostra compagnia. Mentre si aspettava che arrivasse il cameriere, cominciava a suonare delle canzoni napoletane: ‘O Surdate ‘Nammurate, ‘O Sole mio, e delle arie tirate da qualche opera, come la Tosca o Madame Butterfly. Poi finalmente arrivavano le bibite, si sospendeva la musica, quindi iniziava un po’ di relax, per poi ricominciare e si andava avanti a notte inoltrata. Tanta gente che passava si soffermava, ascoltava, andava via, ma noi imperterriti restavamo con lui e quando era ora di andare a letto raccoglievamo un po’ di denaro e glielo davamo. Certe sere si presentava con un nuovo papillon, ci chiedeva se poteva sedersi e poi ci raccontava che con quei soldi che noi gli avevamo donato, oltre a comprare del cibo era riuscito ad acquistare un nuovo cravattino, come lo chiamava lui e un nuovo fazzoletto da poter mettere in mostra dal taschino della giacca. Noi ragazzi lo chiamavamo Maestro Giattino perché lo era davvero. Gli anni però passavano per tutti, e mentre noi ci apprestavamo a diventare maggiorenni, in lui si presentavano gli acciacchi della vecchiaia, quindi ad avere bisogno di ricoveri ospedalieri e naturalmente di persone che si prendessero cura di lui ormai rimasto solo. Un ricordo che mi balena per la mente è che mia madre raccontava che erano vicini di casa, giacché abitavano in via S. Francesco, dove ancora è esistente la piccola casa che da bambina e fin quando diventò ragazza vi abitò mia madre. Un giorno nei pressi del pronto soccorso, lo trovarono disteso a terra, forse si era sentito male, ma non fece in tempo a percorrere tutto il tragitto, che lo trovarono moribondo. Accanto a se aveva una sacca con dei vecchi vestiti dentro, con sé il mandolino, era tutto ciò che gli era rimasto. Il suo decesso, credo sia avvenuto tra il 1976 o 1977””.
Grazie a Ignazio Mannone i giovani Mazaresi potranno, attraverso i suoi racconti, conoscere personaggi che hanno vissuto in questa città, rendendola unica nel suo genere, personaggi di talento e meno che si sono saputi contraddistinguere, ognuno per la propria, lasciando un ricordo indelebile e nostalgici i meno giovani.
Grazie Ignazio
Articolo di Giusy Benigno