Le infezioni, ormai lo abbiamo capito, attaccano i nostri punti deboli. I virus, in particolare, non hanno vita a sé, ma hanno necessità di intrufolarsi in un organismo vivente e sfruttarlo come dei parassiti, di succhiare linfa vitale dalle sue cellule. Per sopravvivere e per riprodursi. Diversamente muoiono subito, anche se tecnicamente non si sa nemmeno se possano essere definiti organismi viventi. Non fanno solo questo, però. Attaccano anche le debolezze della nostra società, in modo feroce. Il COVID-19, la terribile malattia pandemica che si è sviluppata due anni fa, è un virus poco conosciuto. Tutte le contraddizioni sono esplose, come quando la marea si abbassa e improvvisamente tornano in superficie gli scogli sui quali abbiamo navigato indenni per decenni, poiché coperti dall’acqua. La povertà contagia più di prima e a più persone, la sanità scricchiola nei suoi contrasti e nella sua decennale malagestione, la paura di non poter più ritornare alla superficiale spensieratezza alla quale ci eravamo abituati fa capolino dalle finestre con varie forme di nevrosi, le nostre case sembra che siano diventate di colpo più piccole e scomode, tantissimi politici mostrano più di prima i loro limiti culturali e di prospettiva, le fake news esplodono, i complottisti trovano terreno fertile per le loro balzane teorie, i social sparano a zero su tutto e su tutti senza controlli. «Usciremo dalla crisi più forti di prima», si sente dire. «Andrà tutto bene». Questi sono i due mantra collettivi, i due movimenti di un respiro che serve a dare fiducia alla gente, ma anche a sopravvivere psicologicamente a una tragedia planetaria, di cui non vi è traccia nella storia recente e di cui non si sa se, quando e come finirà. Personalmente ritengo che sia presto per essere convinti che, dopo tutto questo, qualsiasi cosa possa significare “dopo”, saremo davvero migliori ma ho i miei dubbi. Insomma, non ci credo tanto. Per il momento, il COVID-19 non ci ha cambiati, né come singoli né come Paese. Ha solo amplificato quello che eravamo: chi si impegnava nella società ha trovato altri modi di farlo, chi faceva il furbo ed evadeva le tasse, sta pensando a come farlo ancora di più domani, considerate le ristrettezze economiche a cui andremo incontro. Arrestare una pandemia, non è solo una lotta contro la natura, da cui questo virus è emerso, ma è soprattutto una battaglia di civiltà. È la possibilità che abbiamo di sviluppare una civiltà diversa, forse anche migliore. Alla prossima.
Salvatore Giacalone
29 marzo 2023