Non una loggia massonica segreta, ma una rete di potere costruita attorno alla figura dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto. È questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Trapani, che oggi alle 15 ha emesso la sentenza nel processo nato dall’operazione “Artemisia” condotta dai carabinieri nel 2019.
Per Lo Sciuto, politico di lungo corso passato dall’Mpa a Forza Italia fino al Nuovo Centrodestra, è arrivata la condanna più pesante: 12 anni di reclusione. A lui la Procura aveva attribuito un ruolo centrale in un presunto sistema di corruzione, clientelismo e gestione occulta della cosa pubblica. Accuse che includevano anche l’ipotesi, poi caduta in aula, dell’esistenza di una loggia segreta in grado di influenzare la vita politica e amministrativa del Trapanese.
Altri nomi eccellenti coinvolti: Paolo Genco, presidente dell’ente di formazione professionale Anfe, condannato a 8 anni; e numerosi altri esponenti del mondo politico e istituzionale. Sei anni per Giuseppe Angileri, Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Vincenzo Giammarinaro; sette per Salvatore Giacobbe e Rosario Orlando; quattro per Isidoro Calcara.
Assolti invece sei imputati: tra loro il commercialista Gaspare Magro, l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante, Luciano Perricone e Tommaso Geraci. Le loro difese, affidate a un nutrito gruppo di legali, hanno convinto il collegio presieduto dal giudice Franco Messina a smontare le accuse più gravi.
Il cuore dell’inchiesta ruotava attorno alla cosiddetta “Loggia Hypsas”, che secondo la Procura non si configurava come una semplice organizzazione massonica – lecita in sé – ma come un gruppo ristretto e segreto con l’obiettivo di esercitare pressioni e influenze indebite sulla pubblica amministrazione. Questa tesi, tuttavia, non ha superato il vaglio del Tribunale.
Cadute anche le ipotesi di ingerenza politica nell’amministrazione comunale di Castelvetrano. Secondo l’accusa, Lo Sciuto e i suoi collaboratori avrebbero cercato di pilotare le elezioni del 2017 sostenendo l’ex rivale Luciano Perricone, dopo anni di gestione indiretta tramite l’allora sindaco Felice Errante. Elezioni che, di fatto, non si tennero mai a causa del commissariamento del Comune.
Non provata neppure la pressione esercitata per far nominare l’ex consigliere comunale Giuseppe Berlino nella segreteria tecnica dell’allora assessore regionale Carlo Vermiglio. Né ha retto l’ipotesi di un “mercato del lavoro” fondato su clientele e favori.
Una parte delle accuse più gravi riguardava presunti scambi illeciti di favori tra Lo Sciuto e alcuni membri delle forze dell’ordine. Secondo l’accusa, il poliziotto Salvatore Passanante e l’agente della Dia Salvatore Virgilio avrebbero fornito informazioni riservate in cambio dell’assunzione delle mogli presso l’Anfe. Un comportamento simile sarebbe stato tenuto anche da Salvatore Giacobbe, sempre in cambio di vantaggi per una cooperativa gestita da suoi familiari.
Le difese annunciano ricorso in appello, mentre anche la Procura potrebbe decidere di impugnare la sentenza, una volta depositate le motivazioni.