La burocrazia uccide il cittadino, le imprese, anche i lavori pubblici. Specialmente in Sicilia. Perché il cancro burocratico ha ormai le sue metastasi in tutto il corpo istituzionale e sociale. In questi giorni abbiamo potuto sentire reazioni di questo tenore: “l’opera non si può fare perché ci sono nel mezzo enti pubblici diversi”; “non si può fare perché è così da secoli”; oppure “perché si è sempre fatto così…”: “perché la prassi, i protocolli…”. Insomma un crogiolo reazionario che vuole tutto fermo, tutto immobile, tutto morto. Nel Belice si attendono ancora i soldi per terminare la ricostruzione dopo il terremoto del ’68! In tempi di emergenza sanitaria, spicca in tutta la sua evidenza quanto la situazione sia ormai allo sbando. In Sicilia forse più che altrove: liste d’attesa lunghissime e visite rinviate per centinaia di persone, costrette poi a ricorrere a proprie spese al privato; le operazioni di routine annullate a data da destinarsi. E’ una disperazione. In Sicilia non si muore soltanto di malattie, si muore di indifferenza e si muore anche di burocrazia. Perché non si può neanche immaginare il calvario che il malato è costretto ad affrontare per ricevere quei presidi medici e quelle prestazioni sanitarie che possono salvargli la vita e che, almeno sulla carta, dovrebbero tempestivamente essere garantite. ll malato, allora, muore due, tre, quattro, cinque volte: muore dentro e si rassegna, e si rassegnano tutti quei familiari che nel frattempo sono costretti a pagar di tasca propria. Ma chi non può permetterselo? Lo si lascia morire? Per non parlare delle interminabili liste d’attesa per prenotare Risonanza Magnetica e TAC, nonché precise visite specialistiche. Che senso ha parlare di sanità pubblica se poi un qualunque paziente è costretto a ripiegare su un privato, per poter effettuare una visita? Perché è di questo che si tratta: chiunque ricorra, costretto dal bisogno, al sistema sanitario, non lo fa certamente per capriccio ma per necessità. E’un paziente, non un cliente Trecento anni fa, l’uomo si è liberato dal dispotismo del monarca assoluto, che decideva a propria discrezione della vita dei propri sudditi. Sulla base del principio democratico, la sovranità è passata dal monarca al popolo. Ma il risultato è stato lo stesso: in nome del popolo sovrano, il rapporto tra cittadino e potere politico si è trasformato, il cittadino è ritornato suddito come era sotto il sovrano assoluto; la fiscalità è lo strumento con il quale il potere politico esercita il proprio dispotismo. In definitiva, solo una grande riforma della Pubblica amministrazione può liberare il cittadino dalla dittatura della burocrazia, che tiene sotto il proprio controllo anche la politica. Così è se vi pare di pirandelliana memoria!
Salvatore Giacalone