L’artista mazarese Gerry Bianco, in questo periodo, è impegnato a realizzare una grande scultura a Borgata Costiera.
La scultura, dal titolo “La dimensione del tempo” – che ci ricorda, a nostro parere, la “frontalità” delle sculture del grande e illustre nostro concittadino Pietro Consagra, e in particolare modo gli “addossati” – sarà inaugurata il 5 agosto in occasione della “Festa del pane” ed è un’opera in cemento armato (saranno impiegate 20 tonnellate di calcestruzzo), composta da due elementi di metri 4,70 di altezza e metri 4,00 di larghezza.
Proviamo a tracciare il profilo critico delle opere scultoree, di Gerry Bianco.
L’arco è il primo elemento a linea curva che compare nella storia dell’arte; la sua elegante flessuosità diventa elemento stilistico prepotentemente dominante nell’arte barocca, la nuova creatività pittorica ed estetica che dalle strutture curvilinee in genere, spesso policentriche, ha tratto dinamicità, plasticità, ritmo.
La “linea della bellezza” (a doppia curva), direbbe il pittore inglese William Hogarth, è quella che si porta dietro il segreto dell’armonia, e viene recuperata dall’Art Nouveau, che la riteneva idonea a rappresentare elementi naturali in modo stilizzato, perché ne suggeriva l’idea della forza vitale della natura.
La linea “a colpo di frusta” chiusa, aperta, ondulata, serpentina è ricca di significati psicologici; è la linea antropomorfa e fitomorfa per eccellenza. È la sintesi di simboli e morfologie rassicuranti che ognuno di noi riconosce come tali anche a livello inconscio.
In arte la linea curva compare nei momenti di crisi e di rottura, e si pone in antitesi alla lucida padronanza della linea retta.
Un movimento artistico di rottura è stato sicuramente quello futurista. Gli artisti futuristi tendevano a deformare le immagini, come se queste fuggissero via nel momento in cui lo spettatore prestava loro attenzione, e ciò per rendere l’idea del “dinamismo” e del “movimento”.
Gerry Bianco presenta le sue sculture con linee curve, libere, sensuali.
L’universo di Bianco, infatti, è fatto di linee curve declinate nelle mille varianti di una personale morfologia organica, e ne costituiscono l’elemento cardine.
Nelle opere di Gerry, come in quelle di Boccioni, la linea di contorno si sviluppa come una sequenza di curve ora concave e ora convesse, per cui i contorni irregolari non limitano la figura ma la dilatano espandendola nello spazio.
Nelle sue sculture, realizzate soprattutto in legno d’ulivo (ma non solo e non solamente in legno), oltre alla lezione boccioniana, troviamo quella di Henry Moore.
La scultura e lo spazio non sono due entità autonome ma due elementi che dipendono l’uno dall’altro, interagendo continuamente. Non è possibile concepire una scultura senza riflettere sugli elementi che entrano in relazione con essa, quali la luce, lo spazio e il punto di vista visivo del fruitore.
Il tema del lavoro di Gerry Bianco “è il vuoto e per trovarlo – direbbe lo scultore Kengiro Azuma –ha bisogno del pieno, cioè del materiale”,.
Il “vuoto” – la materia che manca – diventa pieno e, quest’ultimo, diventa “vuoto” (l’infinito, l’anima che sta “oltre” la nostra esistenza visibile). E le opere vivono con lo spazio che le circonda.
La scultura, infatti, occupando uno spazio, colma un vuoto e, allo stesso tempo, crea altro vuoto, un vuoto “altro”, “differente” che non è il nulla; è il vuoto ridisegnato, rimodellato, riprogettato, insomma ricreato in forme nuove e diverse.
L’artista mazarese non potendo modellare l’aria, scolpisce la materia.
Le sculture di Bianco – come certi ulivi secolari – sembrano modellate dal vento, dal sole e dalle piogge; sono forme – sia esse piene che vuote – in movimento, ora contorte ora fuse in sinuosi abbracci, talvolta evocano l’arcano con spettrali sembianze, altre appaiono come giganti buoni oppure sembrano danzare.
Le opere modellandosi con lo spazio che le circonda, interagiscono con esso; sono forme (a volte molto esili) che si fondono quasi romanticamente con lo spazio quasi a voler oltrepassare le barriere dell’infinito e che ci conducono oltre lo spazio e il tempo; sono sculture che vivono di una forte spiritualità e dell’intima relazione che s’instaura con il fruitore-spettatore, portatore a sua volta di energia e poeticità.
Giacomo Cuttone