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Mazara del Vallo si è fermata per Maria Cristina Gallo: l’addio tra dolore e memoria

sabato scorso lutto cittadino e commozione nella Cattedrale. Il vescovo Giurdanella: “Ha sparso semi di speranza e di giustizia”

admin by admin
12 Ottobre 2025
in Attualità, News, Salute
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Mazara del Vallo si è fermata per Maria Cristina Gallo: l’addio tra dolore e memoria
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Un silenzio carico di emozione ha avvolto la Cattedrale di Mazara del Vallo sabato 11 ottobre, quando la comunità si è raccolta per l’ultimo saluto a Maria Cristina Gallo, l’insegnante divenuta simbolo di una battaglia di civiltà contro le inefficienze della sanità pubblica.

Il feretro, accolto dagli applausi e dalle lacrime di circa un migliaio di cittadini, è stato accompagnato dalla famiglia: il marito Giorgio Tranchida, i figli Vincenzo e Natale, la madre Rosa Maria Mauro, il fratello Santi e la sorella Brigida. Il Comune ha proclamato il lutto cittadino, a conferma di un dolore condiviso e di una vicenda che ha segnato profondamente la città.

A presiedere la cerimonia funebre è stato monsignor Angelo Giurdanella, vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, che durante l’omelia ha ricordato come Maria Cristina abbia “sparso semi di speranza, di vita, di cura”, agendo non per protagonismo ma per amore della giustizia e della verità. Accanto a lui, oltre a tutti i prelati della Diocesi, don Giacinto Leone, guida spirituale della docente negli ultimi anni, che ha definito la sua malattia “una battaglia civile”, una testimonianza viva di coraggio e dignità.

Molti dei presenti hanno percepito che non si stava celebrando soltanto la vita di una donna, ma la nascita di un simbolo collettivo. Il dramma personale di Maria Cristina si è intrecciato con la mobilitazione per la tutela dei diritti sanitari e per un sistema pubblico più efficiente e umano.

La sua storia – nota a livello nazionale – racconta una vicenda di ritardi e omissioni. Dopo un intervento di isterectomia, nel 2024, il referto istologico arrivò con otto mesi di ritardo: troppo tardi per intervenire efficacemente contro la malattia, ormai in fase metastatica. Da quella denuncia è emerso un quadro allarmante: tra il 2024 e il 2025, circa 3.300 referti istologici sarebbero stati consegnati in ritardo negli ospedali di Trapani e Castelvetrano.

Sulla vicenda indaga la Procura di Trapani, che ha iscritto nel registro degli indagati decine di operatori sanitari, ipotizzando reati come omicidio colposo, lesioni e omissione di atti d’ufficio.

Il marito, Giorgio Tranchida, ha promesso che la battaglia non si fermerà: “Noi continueremo – ha detto – perché ciò che è accaduto a Maria Cristina non si ripeta più.”

Nella città, il ricordo di Maria Cristina resta vivo: una donna tenace, appassionata, sensibile, che nella scuola insegnava il valore dell’impegno e della responsabilità. Anche nel volontariato, con il laboratorio creativo Unitalsi, aveva scelto di stare accanto ai più fragili.

In molti hanno partecipato ai funerali con la consapevolezza che la sua eredità morale non si spegnerà con la sua scomparsa. Dal dolore, Mazara del Vallo sembra aver tratto un messaggio condiviso: la necessità di accendere una nuova coscienza civile.

 

“Omelia esequie Maria Cristina Gallo
(di don Giacinto Leone)
Cattedrale di Mazara del Vallo, 11 ottobre 2025
(Lc 24,13-35 – I discepoli di Emmaus / Rm 8,35-39 – Nulla ci separerà dall’amore di Cristo)
Carissimi, oggi siamo qui per accompagnare Cristina nel suo ritorno al Padre. Il nostro cuore è colmo: di dolore, certo, ma soprattutto di gratitudine e di fede. Gratitudine per averla conosciuta, per averle camminato accanto. Fede, perché sappiamo che ora cammina con il Risorto, nella luce. Cristina non è stata solo una donna di fede. Cristina ha incarnato il Vangelo. Ha vissuto con umiltà e forza, con mente lucida e cuore ardente. È stata moglie, madre, amica, serva della Parola, presenza luminosa nei luoghi della fragilità, educatrice di anime, spirito libero e appassionato.
Un’intima fiducia in un momento decisivo della sua vita, nel tempo della malattia, Cristina mi ha scelto come suo confessore e padre spirituale. Un gesto di intima fiducia, un dono che porto nel cuore. Da quel momento, ho avuto il privilegio di camminare accanto a lei spiritualmente, ascoltare la sua anima, accompagnarla nella preghiera e nei sacramenti, e vivere insieme a lei — da fratello, da amico, da padre — il suo pellegrinaggio verso la Pasqua. E non solo: mi ha chiesto esplicitamente di tenere io l’omelia del suo funerale, quando questo giorno sarebbe arrivato. L’ha detto con quella forza dolce che la caratterizzava. E insieme a questo, mi ha chiesto di non lasciare solo Giorgio, suo sposo amato, di stargli vicino nel tempo della prova. Cristina si è preparata a questo giorno con piena consapevolezza, pregando per Giorgio, per i figli, per tutti noi. E oggi, con emozione, compio questo gesto come ultimo atto di amicizia, di paternità spirituale, di amore. Come i discepoli di Emmaus nel Vangelo, anche Cristina ha conosciuto la stanchezza, il dubbio, la croce. La malattia non è stata per lei un tempo di fuga, ma un pellegrinaggio. È salita con Gesù verso Gerusalemme e, nel momento più buio, non si è fermata, non ha smesso di cercarlo. Ha continuato a camminare, a pregare, a interrogarsi, fino a riconoscerlo nello spezzare del pane e nello spezzare sé stessa per amore. «Mentre
conversava con loro lungo la via e spiegava le Scritture, i loro cuori ardevano» (Lc 24,32). Anche il cuore di Cristina ardeva. Per il Signore. Per la sua famiglia. Per i poveri. Per i ragazzi più impegnativi e non difficili. Per chi era solo. Ogni giorno, anche nei momenti della croce, ha scelto di amare.
Una vita donata, Cristina è stata una moglie e una madre meravigliosa. Il suo cuore apparteneva anzitutto a Giorgio, Vincenzo e Natale: erano la sua gioia, il suo orgoglio, il suo orizzonte. Ha amato Giorgio con un amore esclusivo, un amore che era tutto per lui, che non conosceva confini, che si alimentava ogni giorno di tenerezza, rispetto e dedizione. In ogni gesto, in ogni parola, Cristina ha testimoniato un legame unico, profondo, che nulla avrebbe potuto scalfire. Giorgio, che l’ha amata e servita con discrezione e fedeltà, specialmente nel tempo della fragilità, è stato il suo compagno di vita, con il quale ha condiviso il cammino, anche nelle prove più difficili. Vincenzo e Natale, i suoi figli, sono stati la sua vita, la sua speranza, la sua più grande missione. Li ha amati con una pazienza infinita, con un amore che si rivelava nelle piccole cose. Ha educato i suoi figli con una cura sapiente, con uno sguardo che li vedeva per quello che erano, non solo nei loro successi ma anche nelle loro difficoltà, nelle loro fragilità. Ha vissuto la maternità come una chiamata alta, un compito di amore costante, di accompagnamento senza fine. Anche quando il dolore della malattia si è fatto più forte, ha continuato a essere una madre presente, mai distante, mai arrendevole. Mi raccontava un aneddoto che dice molto del suo stile educativo: parlava del piccolo Vincenzo, di quando tornava da scuola e, in uno dei suoi scherzi, metteva tanto sale nella pentola, aspettandosi che i genitori lo scoprissero. Cristina, sempre attenta e saggia, capiva in anticipo, educava senza punire, con dolcezza e spirito. Così era anche nel suo modo di stare con i giovani. In tutto ciò, Cristina ha avuto accanto una madre forte e amorevole, che l’ha accompagnata nel tempo della malattia con una presenza discreta, fedele, carica di tenerezza e dedizione materna. La mamma è stata per Cristina una carezza costante, una compagnia preziosa nelle ore più dure. Cristina ha fatto tanto. E tanto bene. Ma era molto più di ciò che ha fatto. È stata: Operatrice Caritas, accanto agli ultimi; Consacrata nella spiritualità del Carmelo, immersa nel silenzio e nella preghiera; Ministro straordinario della Comunione, per portare Gesù agli ammalati; Volontaria dell’Unitalsi, pellegrina tra i malati a Lourdes; Docente amata, soprattutto dai
ragazzi con difficoltà: li vedeva, li ascoltava, li amava; Catechista e formatrice, nella parrocchia e nello scoutismo; Fondatrice della Biblioteca dei bambini, per coltivare menti e cuori; Attenta al mondo della disabilità, accogliente verso chi era fragile, invisibile, scartato. Cristina amava insegnare. Non era solo una docente preparata — era una maestra di vita. Amava stare con i ragazzi e i giovani, nonostante — o forse proprio grazie — alle loro sfide, inquietudini, ribellioni. Aveva un’attenzione particolare per i ragazzi “più impegnativi”, quelli che altri a volte evitavano. Lei invece li cercava, li accoglieva, li guardava con uno sguardo pieno di speranza. Diceva: «In ognuno di loro c’è un potenziale da far emergere. Basta tempo, ascolto, pazienza» Per lei, l’aula non era un luogo dove “istruire”, ma uno spazio per educare alla libertà, alla bellezza, al bene. Aveva una pedagogia del cuore, ma anche dell’intelligenza, della responsabilità. Con i suoi studenti, era ferma e affettuosa, rigorosa e sorridente. Li voleva “svegli”, li spingeva a pensare, a domandare, ad aprirsi alla profondità della vita. Molti di loro, ancora oggi, la ricordano come un punto di riferimento, come una donna che ha creduto in loro anche quando loro stessi non ci riuscivano. Ha donato tutta sé stessa, con dolcezza e rigore, con tenerezza e intelligenza. Ha unito la filosofia e teologia, studio e vangelo, sapere e carità. Un gesto che mi raccontò e che dice tutto di lei: una sera, con alcuni studenti, un uomo affamato si avvicinò. Cristina lo fece sedere con loro, ordinò una pizza per lui. Nessun commento. Nessuna scena. Solo il Vangelo messo in pratica. Cristina aveva una solida formazione filosofica, era laureata in filosofia. Ma in lei la filosofia non rimaneva teoria: diventava carità, diventava umanità concreta.
Come insegnava San Tommaso d’Aquino, la carità è la forma più alta di unione tra l’uomo e Dio.
Cristina ha vissuto questa carità che non finisce: nella forma più alta e più umile, quella del
quotidiano, fatta di ascolto, servizio, attenzione, silenzio, presenza. Come dice San Paolo: «La carità è paziente, è benigna la carità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1Cor 13,4-8). Cristina ha vissuto questa carità che non finisce, con intelligenza, con spirito, con tenerezza, servendo il Vangelo nei piccoli e negli ultimi.
Una fede incrollabile
Cristina ha vissuto una fede profonda, radicata in Cristo e vissuta nel servizio. Una fede
cristologica, centrata su Gesù, e insieme antropologica, attenta al volto dell’altro. Non separava mai la preghiera dall’azione, la contemplazione dalla carità. Viveva una profonda unione con Dio, una presenza costante che illuminava ogni momento della sua giornata. Amava le parole di Santa Faustina Kowalska: «Non perdo la presenza di Dio nell’anima e resto strettamente unita a Lui. Con Lui vado al lavoro, con Lui vado a ricreazione, con Lui soffro, con Lui gioisco, vivo in Lui ed Egli in me. Non sono mai sola, poiché Egli è il mio compagno stabile.» E diceva anche: «Il silenzio di Dio è uno spazio necessario, affinché le sue parole possano essere scritte e lette. Senza spazi, non ci sono parole». Parole di una donna che ha fatto del silenzio di Dio un grembo di luce. Mi ha scritto, un giorno: «In questo momento tuo difficile io sono con te e non ti lascio un secondo. Sono in croce, lo sai, e prego Dio di alleviare la tua croce. Dio ci chiede cose difficili, ma ci ama alla follia. Dobbiamo fidarci.» Sulla croce, e consolava me. Madre anche nel dolore. Luce anche nel buio.
Una battaglia nazionale.
La sua malattia, che ha segnato e cambiato la sua vita, è diventata anche un simbolo di battaglia per molti. Cristina ha affrontato la sua condizione con una determinazione incredibile, ma la sua sofferenza è diventata anche una causa più grande. La sua lotta si è fatta battaglia civile, una lotta per un sistema sanitario che non sempre è in grado di rispondere alle vere necessità delle persone. Cristina non si è mai limitata a soffrire in silenzio, ma ha alzato la voce contro le difficoltà che molti come lei incontrano, cercando giustizia per tutti quelli che soffrono. La sua battaglia è stata una testimonianza di amore per l’altro, di attenzione verso il prossimo, ma anche di una profonda coscienza sociale.
Nulla ci separerà dall’Amore
Oggi ci domandiamo: «Dov’è ora Cristina?». E ci risponde San Paolo, nella Lettera ai Romani: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione? L’angoscia? Né morte né vita, né presente né futuro, nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35-39). Cristina è nell’amore di Cristo. Nulla l’ha separata da Lui. Nemmeno la morte. E ora vive nella luce, nella comunione dei santi, nella pace piena.
Conclusione
Cristina ha scelto che fossi io a tenere questa omelia. Un segno profondo di fiducia e affetto, che mi commuove. E oggi, con tutto il cuore, ti dico: grazie, Cristina. Grazie per la tua luce. Per il tuo coraggio. Per la tua fede incrollabile. Per la tua umiltà, la tua intelligenza, la tua maternità
spirituale. Come i discepoli di Emmaus, anche noi oggi piangiamo, ma non da soli. Cristina cammina ancora con noi. E continuerà a farlo, finché anche i nostri occhi non si aprano, e possiamo riconoscere il Signore nello spezzare del pane, nel dolore offerto, nell’amore donato. Concludiamo con le parole che Cristina amava tanto di San Francesco: «Tanto è l’uomo quanto vale davanti a Dio, e nulla più».
Cristina, tu vali moltissimo davanti a Dio, e ora vivi nella pienezza dell’Amore. Intercedi per noi,
proteggi la tua famiglia, guidaci nel nostro cammino. E il Signore, che tu hai servito in ogni cosa, ora ti accolga tra i suoi santi, e ti dica — come crediamo abbia già fatto: «Bene, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 25,23).”
11 ottobre omelia esequie maria cristina gallo
–
Le parole del figlio Vincenzo:
“Mamma, spero che quello che hai denunciato sia segno di una svolta inSicilia, la tua battaglia servirà per tanti altri che hanno vissuto e vivono la tua stessa condizione. Mamma, tu hai scelto di infondere speranza, fede e questo lo hai dimostrato fino alla fine. Papà Giorgio è stato il tuo sostegno, il tuo amore quotidiano. Guidavi tutti noi, ci proteggevi. Ti sei occupata sino alla fine di me e di mio fratello; hai accolto a casa la mia fidanzata Sofia come una figlia. I tuoi alunni, che oggi sono tutti qui, ti amavano profondamente e tu sapevi amare chi era in difficoltà, dare speranza a chi aveva difficoltà. Hai affrontato la malattia con una coscienza incredibile e non hai mai ceduto alla disperazione. La tua forza era contagiosa. Grazie di aver vissuto l’amore e la speranza”.
La poesia di Maria Lisma dedicata a Maria Cristina Gallo:
È scesa dalla croce.
Vestita di bianco,
madre e ancor figlia,
sposa e sorella.
La sofferenza è rugiada:
germogliano i semi
bagnati dal pianto.
Fiorirá il legno del martirio,
ora che tutti hanno visto,
sotto i chiodi
del colpevole silenzio,
Immolarsi la vita
all’amore e alla giustizia.
ml.
Ancora adesso, sei nella mia mente, nel mio cuore e nelle mie preghiere.
Ciao Maria Cristina Gallo
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