È stata pubblicata la Relazione sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel 2024, presentata dal Ministro dell’Interno al Parlamento e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso.
In data odierna a Palazzo Grazioli, in Roma, il Direttore della DIA, Gen. C.A. G. di F., Michele CARBONE, illustrerà agli organi di stampa la presente edizione che si connota per la significativa riduzione del gap temporale con il periodo di riferimento – in passato arrivato ad oltre un anno – per poter rendere disponibile un resoconto sull’andamento dell’azione antimafia “ravvicinato”, nonché relativo ad un arco diacronico maggiormente significativo, essendo adesso riferita all’intero 2024.
Di seguito il rapporto sulla Sicilia, riscontrabile tra le pagine 262 e 263 della relazione:
Sicilia
In Sicilia coesistono organizzazioni criminali eterogenee e non solo di tipo mafioso. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento opera in modo preponderante cosa nostra, che, a seguito delle incessanti operazioni di polizia, non riuscendo a ricostruire un organismo di vertice, tenderebbe a rimodulare i propri schemi decisionali, aderendo a un processo orientato verso la ricerca di una maggiore interazione tra le varie articolazioni provinciali. Nello specifico, cosa nostra, impegnata in ciclici avvicendamenti e nei tentativi di stabilizzazione tra le nuove e le vecchie generazioni, ha adottato un modello di coordinamento basato sulla condivisione delle linee d’indirizzo e su una gestione operativa collegiale ed “intermandamentale”. Nella provincia di Agrigento si continua a registrare una “zona” permeabile anche all’influenza della stidda, che è riuscita con gli anni a rinforzare la propria statura criminale, fino a stabilire con le famiglie di cosa nostra patti di reciproca convenienza per la spartizione degli affari criminali. Trapani, fortemente influenzata nel corso degli anni dalla mafia palermitana, è caratterizzata da un familismo particolarmente accentuato ed un forte senso di appartenenza ed omertà.
Nelle province della Sicilia orientale, oltre alle articolazioni di cosa nostra, vi sono anche organizzazioni criminali autonome di tipo mafioso dai contorni più fluidi e flessibili. Nella città di Catania operano importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra, che al suo modello fanno riferimento sotto l’aspetto strutturale e funzionale, nonché altre componenti criminali per le quali è stata da sempre riconosciuta la mafiosità che, sebbene organizzate secondo un modello simile a cosa nostra, risultano da questa ben distinte. La configurazione di cosa nostra catanese, distante dagli schemi di quella palermitana, è riuscita a sviluppare una connotazione fortemente imprenditoriale. Nelle provincie di Siracusa e Ragusa, tangibili sono le influenze di cosa nostra catanese e, in misura minore, della stidda gelese nel solo territorio ibleo. Per quanto riguarda la criminalità organizzata a Messina, la peculiarità delle consorterie presenti è quella di avere da un lato un modus operandi assimilabile a cosa nostra palermitana, dall’altro di risentire dell’influenza dei gruppi criminali etnei. Alle tradizionali fonti di guadagno, droga ed estorsioni che si confermano costituire la spina dorsale dell’azione criminale mafiosa, si rileva nelle consorterie criminali la partecipazione ed il reclutamento di una manovalanza giovanile da impiegare prevalentemente per lo spaccio di droga, nonché una diffusa disponibilità di armi che coinvolge tutte le province siciliane.
Le evidenze investigative eseguite nella regione hanno mostrato come la tradizionale compartimentazione territoriale di cosa nostra è risultata essere sempre meno rigida nel corso degli anni, riscontrandosi nel contempo episodi di sconfinamenti territoriali dei vari mandamenti anche in province diverse. La propensione delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, presenti sul territorio siciliano, è quella di ricorrere in via residuale a manifestazioni di violenza, prediligendo piuttosto una strategia di silente infiltrazione del tessuto socioeconomico con l’obiettivo di individuare “la scia dei soldi” per aggredire quei settori produttivi dell’economia legale più remunerativi.
Questa strategia mafiosa tende a rafforzare l’interlocuzione con professionisti ed ambienti amministrativi locali, privilegiando un approccio corruttivo, come riscontrato dalle recenti evidenze giudiziarie. In tale ottica, un contributo può verosimilmente essere dato da imprenditori e funzionari pubblici compiacenti, se non addirittura contigui agli ambiti della criminalità mafiosa. Caratteristica della criminalità siciliana nel tempo è stata la sua capacità di modellare il proprio modus operandi in funzione del tessuto sociale ed economico caratteristico delle varie realtà territoriali dell’Isola.
Il comparto dell’agricoltura e della zootecnia, particolarmente fiorente nelle aree dell’entroterra siciliano, rappresenta un settore di traino per l’economia siciliana, pur tuttavia è oggetto delle attenzioni di organizzazioni criminali, anche non mafiose, che mirano all’acquisizione dei flussi finanziari derivanti dai contributi comunitari devoluti per il sostegno allo sviluppo rurale. Le recenti attività di contrasto hanno evidenziato, nello specifico settore, condotte fraudolente volte a intercettare ed acquisire indebite percezioni di denaro in danno della Comunità europea.
L’azione di contrasto alle consorterie mafiose è proseguita nel periodo in riferimento, non solo con le attività repressive e preventive giudiziarie summenzionate, ma anche sul fronte della prevenzione amministrativa che ha permesso alle Autorità Prefettizie delle province siciliane, grazie a meticolosi accertamenti eseguiti dalla DIA e dalle altre forze dell’ordine, di emettere numerosi provvedimenti interdittivi.
La contiguità, ancora riscontrata nel periodo in esame, tra imprenditori e soggetti mafiosi sarebbe caratterizzata da rapporti di fiducia, ovvero da stretti vincoli di parentela tra gli organi di amministrazione e soggetti condannati, in via definitiva, per associazione di tipo mafioso.
Nella lotta alla criminalità organizzata, il contrasto più importante consiste nel privare i sodalizi mafiosi delle risorse economiche accumulate illecitamente. Pertanto, anche nel periodo in esame innumerevoli sono stati i provvedimenti ablativi di sequestro e confisca adottati dalla DIA, che ha raggiunto risultati ragguardevoli continuando ad arginare concretamente il potere economico di cosa nostra e delle altre organizzazioni mafiose siciliane.
* Provvedimenti interdittivi prefettizi
Le Prefetture in Sicilia hanno emesso complessivamente 201 provvedimenti interdittivi (considerando non solo le informazioni interdittive antimafia e i dinieghi all’iscrizione alle cc.dd. withe list, ma anche le misure di prevenzione collaborativa). I provvedimenti sono così suddivisi: 45 della Prefettura di Palermo, 33 della Prefettura di Trapani, 25 della Prefettura di Agrigento, 5 della Prefettura di Caltanissetta, 15 della Prefettura di Enna, 40 della Prefettura di Catania, 13 della Prefettura di Siracusa, 4 della Prefettura di Ragusa e 21 della Prefettura di Messina. In sintesi, l’analisi dei dati ha consentito di rilevare che la maggior parte dei provvedimenti interdittivi antimafia (123) sono stati adottati nelle province dell’area occidentale della Regione, ove sarebbero emersi in prevalenza tentativi di infiltrazione in società o aziende operanti nei settori dell’edilizia, della ristorazione ed affini, del settore sanitario e in quello dei servizi funebri1083, dei servizi per la manutenzione di strade ed autostrade, del trasporto merci su strada e del settore agricolo (coltivazioni agricole nonché allevamento di animali). In merito alla Sicilia orientale sono stati 78 i provvedimenti interdittivi emessi dalle Prefetture nei confronti di società a serio rischio di infiltrazione mafiosa, molte delle quali attive nei settori dell’edilizia (compresa l’estrazione, la fornitura ed il trasporto di materiali inerti), della somministrazione di cibi e bevande e alberghiero, dei trasporti, del noleggio di macchinari industriali, dell’agro-alimentare (compreso l’allevamento di bestiame), della produzione di energie rinnovabili attraverso impianti a contenuto tecnologico innovativo e della gestione di attrazioni e attività di spettacolo in forma itinerante (giostre). L’analisi dei provvedimenti interdittivi ha evidenziando innanzitutto la capacità delle organizzazioni mafiose di diversificare i propri interessi in svariati ambiti economici. Alcuni dei destinatari sarebbero stati già attinti da precedenti provvedimenti interdittivi, altri sarebbero risultati contigui a soggetti colpiti da provvedimenti giudiziari per reati di mafia, oltre che destinatari di misure di prevenzione.