Sono 34.283 i nuovi positivi al coronavirus in Italia (ieri 32.191) resi noti nel bollettino del ministero della Salute. Da ieri sono stati registrati altri 753 morti (ieri 731). I nuovi dati portano le vittime a 47.217 dall’inizio della pandemia. Nelle ultime 24 ore sono stati eseguiti 234.834 tamponi (ieri 208.458). Le terapie intensive crescono di 58 unità mentre i ricoveri nei reparti covid di 430. I guariti/dimessi sono 24.169 nelle ultime 24 ore, che porta il totale a 481.967. La regione più colpita resta la Lombardia con 7.633 nuovi contagi, seguita dalla Campania con 3.657, e dal Piemonte con 3.281.
Agenas: “Terapie intensive, in 17 regioni è stata superata la soglia critica”
L’Agenzia per i servizi sanitari regionali lancia l’allarme: 42 posti su cento sono occupati da pazienti Covid. Sovraffolati per colpa della pandemia anche i reparti di medicina: il 51% dei ricoverati è positivo al virus. E i medici di famiglia dichiarano l’agitazione: “Lo Stato non scarichi su di noi le sue responsabilità”
Eccolo, nei numeri dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), l’affanno in cui è di nuovo precipitato il sistema sanitario, soprattutto nell’area più critica: quella delle terapie intensive. E’ occupato da pazienti Covid il 42% dei posti in terapia intensiva, ovvero il 12% oltre la soglia critica del 30%. Un dato che riguarda ben 17 regioni su 21: una settimana fa erano 10. E i posti nei reparti di medicina occupati da pazienti Covid sono il 51% a livello nazionale, rispetto a una soglia del 40%: un dato che riguarda 15 regioni, a fronte delle 12 di 7 giorni prima. A mostrare una criticità diffusa da nord a sud è il monitoraggio Agenas, aggiornato con i dati del 17 novembre: sono dati basati su una rielaborazione di quelli della Protezione Civile e del Ministero della Salute. Per quanto riguarda le terapie intensive la soglia del 30%, individuata dal decreto del Ministro della Salute del 30 aprile 2020, risulta superata da: Abruzzo (37%), Basilicata (33%), Calabria (34%, in forte aumento rispetto al 13% rilevato dai dati del 10 novembre), Campania (34%), Emilia Romagna (35%), Lazio (32%), Liguria (53%), Lombardia (64%), Marche (45%), P.A. Bolzano (57%), P.A. Trento (39%), Piemonte (61%), Puglia (41%), Sardegna (37%), Toscana (47%), Umbria (55%), Valle d’Aosta (46%). Mentre la Sicilia è sul valore limite del 30%. Per quanto riguarda invece i ricoveri in area ‘non critica’, ovvero nei reparti di malattie infettive, pneumologia e medicina interna, la soglia dei posti letto occupati da pazienti Covid, in questo caso definita pari al 40%, da: Abruzzo (47%), Calabria (43%), Campania (47%), Emilia Romagna (47%), Lazio (49%), Liguria (74%), Lombardia (53%), Marche (52%), P.A. Bolzano (95%), P.A. Trento (65%), Piemonte (92%), Puglia (51%), Toscana (41%), Umbria (50%), Valle d’Aosta (73%, in netto calo rispetto all’85% del 10 novembre). E la difficoltà del sistema sanitario è testimoniata anche dai medici di famiglia, che oggi hanno dichiarato lo stato di agitazione: “Adesso siamo in stato di agitazione, anche se in questa fase di emergenza è difficile programmare uno sciopero. Ma passata la tempesta ci sarà bisogno, passatemi il termine, di una resa dei conti perché così non si può andare avanti”, dice Angelo Testa, presidente nazionale del sindacato dei medici Snami. La conferenza intersindacale ha proclamato lo stato di agitazione perché “lo Stato non può scaricare su di noi responsabilità che non sono nostre”. “I medici sono sottoposti a turni di lavoro massacranti anche a causa dei colleghi malati di Covid. Sono più di 20mila gli operatori sanitari (tra ospedalieri, Mmg e infermieri) infettati da settembre a oggi, tra cui i medici di medicina generale, lasciati spesso senza protezioni con gli ambulatori scoperti per i quali a volte non si riesce a trovare sostituti; chi rimane deve svolgere il lavoro anche per altri”, dicono i medici di famiglia che chiedendo il potenziamento della rete territoriale: “Degli undici medici morti per Covid nella seconda ondata, 9 erano medici di famiglia”