L’utopia, il sogno, l’isola che non c’è. La prima, in cima al mucchio, è l’utopia. Secondo una nota definizione: “L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”. L’isola che non c’è non è un luogo fisico, è un non-luogo. È una metafora, è un rifugio, è un’utopia politica: esiste per tutti un mondo ideale, che riflette i desideri più intimi, quasi sempre in contrapposizione con la vita che ci scorre addosso quotidianamente. Esempio: a Mazara tutti sognano Tonnarella come Rimini, con tanti alberghi e tanti turisti che prendono il sole e si bagnano nell’azzurro mare. Soldi a palate per tutti. Altri sognano ponti e pontili per unire la spiaggia alla città e rifondare “la spiaggia in città” esistente con una bella piattaforma in cemento per erigervi ristoranti e tavole calde. Nessuno parla di teatri che mancano, di impegni culturali, di relazioni importanti, di pensare e progettare una città ricca delle sue monumentalità, di avere un mondo politico attivo che guardi al futuro dell’isola che c’è dove albergano le liste civiche mentre la politica con la “P” maiuscola, come dice qualche politico locale, rimane nell’isola che non c’è. C’è un porto, nell’isola che c’è, che è innavigabile, il mistero per renderlo navigabile è utopistico, tutti lo sognano con barche e pescherecci che solcano le acque, altri, come un miraggio, vorrebbero che arrivasse qualche nave di quelle grandi con tanti turisti a bordo che possono scendere e riempire gli alberghi, visitare la città che profuma di gelsomini e fare felici ristoratori e commercianti nell’isola che non c’è. Ma potrebbe esserci ed allora bisogna sperare, i mazaresi sperano sempre, sperano che la ruota giri nel giusto senso. Si spera, come è sempre stato fatto, che dall’alto qualcuno sollevi questa città e questi cittadini pronti ad accogliere chiunque e qualsiasi proposta perché l’isola si trasformi, come per magia, nell’isola che non c’è ma che potrebbe esserci. Ecco il sogno utopistico.
Salvatore Giacalone
13 novembre 2024