Oggi l’Italia si ferma per ricordare uno dei momenti più drammatici e simbolici della sua storia recente: la Strage di Capaci. Sono trascorsi trentatré anni da quel tragico 23 maggio 1992, quando un attentato mafioso sull’autostrada A29, nei pressi di Capaci, costò la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo, magistrato, e agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Erano le 17:58 quando una carica di circa 500 kg di esplosivo, piazzata sotto un tratto dell’autostrada, fu fatta detonare al passaggio del convoglio. L’esplosione fu devastante, tanto da squarciare l’asfalto e lasciare un cratere profondo, simbolo indelebile della violenza mafiosa che, in quegli anni, cercava di piegare lo Stato italiano con il terrore.
Oggi, come ogni anno, il Paese ricorda quei servitori dello Stato che hanno pagato con la vita il loro impegno contro Cosa Nostra. Cerimonie ufficiali, momenti di riflessione nelle scuole e manifestazioni pubbliche si susseguono in tutta Italia. A Palermo, l’albero Falcone, davanti all’abitazione del magistrato in via Notarbartolo, è ancora una volta coperto di messaggi, fiori e lenzuola bianche: un rituale civile di memoria collettiva.
Il presidente della Repubblica ha dichiarato: “Il sacrificio di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli uomini della scorta è una ferita che non si rimargina, ma anche una luce che guida le nuove generazioni nella lotta per la legalità e la giustizia.”
La Strage di Capaci rappresenta un punto di svolta nella coscienza civile del Paese. Da quella tragedia nacque un rinnovato movimento antimafia, animato soprattutto dai giovani, e la consapevolezza che la lotta alla criminalità organizzata non è solo compito della magistratura, ma un dovere collettivo.
Oggi, 23 maggio 2025, a trentatré anni di distanza, ricordare Capaci non è solo un atto di commemorazione, ma un impegno rinnovato: per non dimenticare, per continuare a resistere, per costruire un’Italia libera dalla mafia.